16.05.2025
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Economy

in Borsa +12% sulla cordata italiana


La Borsa promuove a pieni voti il collocamento del 15% di Mps, fatta dal Mef con la sapiente regia di Giancarlo Giorgetti che ha preferito la difesa dell’italianità della banca e dei suoi risparmi. Il mercato, e non solo, ha apprezzato l’ingresso nel capitale di Rocca Salimbeni di Bpm, che ha rilevato il 5%, di Anima (il 3%, sommato a un 1% già detenuto che diventa 4%), del gruppo Caltagirone (3,5%) e di Delfin (eredi Del Vecchio) 3,5%. L’operazione assicura la stabilizzazione finanziaria a Siena — sette anni dopo il salvataggio di Stato costato 8,1 miliardi — all’insegna del made in Italy, a vantaggio dell’economia reale delle imprese. Dalle prime battute di Borsa, ieri, il titolo senese è scattato dalla chiusura del giorno prima di 5,52 euro, sino a chiudere, dopo essere stata congelata al rialzo, a 6,16 euro (+ 11,60%), il picco massimo raggiunto grazie alla gestione di Luigi Lovaglio. Anche la mossa Bpm ha convinto gli investitori: dimostra senso industriale essendo abbinata all’opa lanciata il 6 novembre su Anima che ha un accordo commerciale con Mps e la stessa Piazza Meda, ed è coerente con il rafforzamento delle fabbriche prodotto di Piazza Meda. Le azioni Bpm hanno chiuso a 6,97 euro (+ 3,1%).

Gli osservatori finanziari, il mondo politico, gli enti locali e le forze sociali hanno apprezzato la zampata vincente tutta italiana, messa a segno dal Tesoro che dall’iniziale 7%, a fronte di una domanda più che doppia, ha piazzato il 15% a 5,792 euro, con uno sconto del 5%, più alto rispetto ai due precedenti collocamenti e un incasso di 1,1 miliardi. Il Mef si è diluito all’11,7%.

L’abilità del venditore ha consentito di mettere insieme il business bancario tradizionale, insidiato dal fintech e dai minori margini sugli interessi a causa dei tagli della Bce, con quello in crescita globale del risparmio gestito, la nuova frontiera degli utili per gli istituti di tutto il pianeta.

Il Mef ha costruito questa soluzione che dà futuro e autonomia a Siena rispetto ad almeno due alternative. La prima di una banca di investimento di New York City che aveva proposto una cordata di 3-4 investitori esteri; la seconda di un possibile ritorno di fiamma di Unicredit che ha cercato negli ultimi mesi di ricucire i rapporti con Palazzo Chigi, dopo lo strappo di ottobre 2021, ma che avrebbe inghiottito Montepaschi.

«La sinistra era quasi riuscita a distruggere un patrimonio enorme come quello di Mps che oggi invece diventa, grazie all’azione dello Stato e a una gestione ordinata, un polo attrattivo per grandi investitori italiani. E’ la strada giusta», è il commento di Matteo Salvini. «E’ stato creato un nocciolo duro di azionisti, tutti italiani, di alta qualità fra banche, sgr ed imprenditori, che potrebbero, in futuro, interessarsi a Mps», dice Lando Sileoni, leader Fabi.

Al team di Marcello Sala, dg del Mef, viene riconosciuto una realizzazione avvenuta con grande riservatezza: il blitz ha evitato speculazioni sui titoli e ha messo al centro del consolidamento bancario la Bpm attorno alla quale, con il supporto di alleati industriali, si apre una prospettiva che investe il risparmio gestito e ne consolida la posizione alle spalle di Intesa Sanpaolo e Unicredit.

LA GEOMETRIA

Il triangolo iniziale Bpm-Anima-Mps, al centro del cda di piazza Meda dell’altra mattina, si è allargato in un pentagono per il coinvolgimento di nomi del mondo imprenditoriale come Caltagirone e Delfin.

La strategia che sarà perseguita è la creazione di un terzo polo che non sia solo una costruzione finanziaria, ma il simbolo di una finanza che torna a guardare all’economia reale e, soprattutto, alle esigenze di micro, piccole e medie imprese nazionali, il vero tessuto produttivo del Paese, che è poi la richiesta più volte espressa dal mondo delle imprese.

«Voglio condividere con voi l’apprezzamento per il Monte, che ha portato al successo del collocamento da parte del Mef, del 15%», è uno dei passaggi-clou della lettera inviata ieri ai dipendenti da Lovaglio, artefice del pieno rilancio dell’istituto che a fine anno chiuderà con un utile di 1,3-1,4 miliardi e darà ai soci oltre 1 miliardo di dividendo. «Questo ci rende estremamente orgogliosi e spingerci a fare ancora meglio». Anche Giuseppe Castagna ha scritto ai suoi: «Siamo il terzo gruppo bancario, vogliamo crescere ancora confermando la nostra strategia stand alone». Questo significa che almeno fino alla scadenza del piano al 2026, non ci sarà fusione con Mps.

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