16.05.2025
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Politics

Fitto: «Lavorerò per la Ue». Ma il giudizio è sospeso. Meloni: Schlein si esprima


O tutti o nessuno. Il “Super Tuesday” brussellese, con le audizioni parlamentari di conferma dei sei vicepresidenti esecutivi in pectore della Commissione, tra cui l’italiano Raffaele Fitto, alla fine si traduce in un mega-rinvio per tutti gli aspiranti. Magari già a oggi, trascorsa una notte di diplomatici consigli, oppure persino all’inizio della prossima settimana. Lo stallo ha richiesto l’intervento di Ursula von der Leyen, che da palazzo Berlaymont si è precipitata in una saletta dell’Eurocamera per incontrare, separatamente, la leader socialista Iratxe García Pérez e quella liberale Valérie Hayer, le due delle tre gambe della maggioranza che oppongono resistenza su Fitto. L’obiettivo? Sbloccare lo stallo che, complice la logica a pacchetto sulle sei caselle, tiene in ostaggio il completamento della squadra. I progressisti, in particolare, rimproverano a von der Leyen l’assegnazione del titolo di vice a Fitto (con supervisione diretta su Agricoltura, Pesca, Trasporti e, parzialmente, Allargamento), chiedendone la revoca e una sua retrocessione a commissario semplice (il portafoglio è quello della Coesione e delle Riforme) poiché è esponente dei conservatori dell’Ecr, forza esterna alla “maggioranza Ursula”. I popolari, primo gruppo d’Aula ma anche sponsor del ministro salentino, invece, hanno messo sotto scacco la spagnola Teresa Ribera Rodriguez, peso massimo dei socialisti nel nuovo esecutivo Ue dove le sono state assegnate le deleghe alla Concorrenza e alla Transizione, ieri in difficoltà. Da Madrid, è stato il capo dell’opposizione Alberto Núñez Feijóo a lasciare la connazionale sulla graticola, stoppando una rapida approvazione della sua nomina («Lo vedremo nei prossimi giorni») e contestandole la gestione del post-alluvione a Valencia.

EFFETTO A CATENA

Con un effetto a catena, insomma, la paralisi politica su Fitto — prevista — tiene in ostaggio pure la casella di Ribera e, a cascata, le posizioni degli altri, tra cui i due liberali Stéphane Séjourné (Industria) e Kaja Kallas (Esteri). Decisione congelata per tutti, in attesa di definire una “exit strategy” per ciascuno: per dare disco verde in prima battuta, o dopo un eventuale secondo round di domande, serve il sì dei capigruppo in rappresentanza di almeno i due terzi dell’organismo, altrimenti si va allo scrutinio segreto a maggioranza semplice. Da Ecr ricordano l’atteggiamento costruttivo mantenuto in occasione delle precedenti 19 audizioni, con il via libera concesso a tutti i candidati, quasi i conservatori fossero entrati ufficiosamente in coalizione. E Fratelli d’Italia è stata ancora più esplicita, guardando già all’appuntamento del 27 novembre (salvo teste saltate e colpi di scena), quando la plenaria dell’Europarlamento sarà chiamata a validare in blocco il von der Leyen-bis: i meloniani saranno «a favore», ha annunciato il capodelegazione Carlo Fidanza. Mentre la premier in persona scende in campo per stanare il Pd, e la sua leader Elly Schlein: «Trovo inconcepibile che alcuni esponenti del Pd chiedano di togliere al commissario italiano designato la vicepresidenza esecutiva. Vorrei sapere dalla Segretaria del PD se questa è la sua posizione ufficiale».

E dire che la giornata di Raffaele Fitto era cominciata tutto sommato bene, con risposte puntuali sui dossier e accurati dribbling delle polemiche politiche. E, soprattutto, sotto il segno dello scudo crociato. Quello che campeggia su una delle due gigantografie di Alcide De Gasperi, a cui è intitolata la sala 2Q2, di fronte alla postazione da cui, per tre ore e mezza, l’ex enfant prodige della Dc pugliese ha risposto (in italiano) alle domande di fila degli eurodeputati della commissione Sviluppo regionale. «I luoghi parlano», dirà al termine dell’esame, richiamando lo statista trentino che fu padre dell’Europa unita. Poco prima, aveva liquidato così la contestazione di una regionalista spagnola: «Se le do l’idea di un fascista faccia lei. A me sembra che siano temi e argomenti lontanissimi da ogni ipotesi reale». «Non sono qui per rappresentare un partito o un Paese membro. Ma per affermare il mio impegno per l’Europa», aveva detto dopo i ringraziamenti di rito alla premier Giorgia Meloni. Quindi la garanzia che «il mio ruolo sarà di indipendenza e equidistanza» dai governi ribadita agli eurodeputati che tiravano in ballo passate condotte parlamentari (è stato per tre legislature eurodeputato Ecr), come l’astensione sul Recovery Plan («Oggi voterei sì») o il no al processo Ue contro l’Ungheria per il deficit democratico nel Paese («Era un altro ruolo, non si possono estrapolare affermazioni fuori dal contesto»). Sui fondi di coesione, un terzo del budget Ue, la rassicurazione che «non è possibile» destinarli «alle armi», mentre per il Pnrr la chiusura all’ipotesi proroga («Dobbiamo essere in grado di dare le soluzioni entro il 2026»). Per chiudere con un appello da pontiere: «Cinque anni fa votai per Elisa Ferreira (socialista portoghese, ndr), facendo prevalere l’interesse generale. Sono questi i segnali di cui ha bisogno l’Europa».

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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