Mentre la partita delle Regionali d’autunno continua, col centrodestra che ha messo in cassaforte l’1 a 0 in Liguria, il litigioso campo largo, rinominatosi «alleanza progressista», già guarda alle elezioni campane del 2025. Non è scontato arrivarci uniti, ma sembra più necessario che mai, anche perché una sconfitta per il centrosinistra significherebbe perdere una delle poche Regioni ancora non in mano alla maggioranza. Ma in Campania il terreno è impervio e scivoloso, col governatore uscente del Pd Vincenzo De Luca che vorrebbe forzare la mano per un terzo mandato, al momento escluso dai regolamenti, mentre l’asse dem-5 Stelle vorrebbe trovare la quadra su un nome unitario, magari quello dell’ex presidente della Camera pentastellato Roberto Fico.
La quadra su Fico in Campania
Se la débacle in Liguria ha dato prova della perdita di consensi del Movimento, lacerato ai vertici dallo scontro tra il presidente Conte e il garante Grillo, il Pd sa pure bene che al Sud il potere attrattivo dei pentastellati è ben più forte che altrove.
Per questo in Campania l’alleanza di centrosinistra dovrà dare prova di speciale compattezza e convergere le forze su un nome in grado di interrompere il lungo ciclo politico sul territorio di De Luca, che comunque non sembra pronto al passo indietro. Il nome, appunto, potrebbe essere quello dell’ex presidente della Camera Fico, figura di spicco del M5S.
Il pensiero di un’alleanza senza l’attuale governatore campano è emerso giorni fa durante un incontro tra gli esponenti chiave del Pd nel Mezzogiorno organizzato da Sandro Ruotolo, figura di spicco della sinistra. All’incontro avrebbe partecipato anche il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, che piace a Pd e M5S ma che i pentastellati, più che alla Regione, vorrebbero mantenere alla guida del capoluogo partenopeo e, magari, proporlo per la presidenza dell’ANCI. In modo, è il ragionamento, di poter esprimere un proprio nome per Palazzo Santa Lucia.
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Certo, anche Fico deve scontrarsi con i regolamenti del M5S, che impediscono la candidatura per chi ha già ricoperto due mandati elettivi, ma è pur vero che l’assemblea costituente pentastellata in corso potrebbe cambiare le carte in tavola e stravolgere il dogma del tetto dei due mandati. A quel punto, Fico si è detto pronto a valutare la possibilità. Il suo nome, d’altronde, è perfetta sintesi dell’esperienza istituzionale del M5S, ma trova pure il sostegno di buona parte del Pd, specie tra i cattodem.
Lo stop di Schlein a De Luca
La segretaria dem Elly Schlein ha chiarito che per il partito sono «tutti utili» ma «nessuno indispensabile e nessuno eterno». Il riferimento a De Luca è parso evidente. Da parte sua, il governatore campano ha iniziato la sua «missione» per il terzo mandato, ovvero una legge che il Consiglio regionale si appresta ad esaminare e che prevede che il computo dei mandati decorra da quello in corso di svolgimento alla data di entrata in vigore della legge.
Un testo simile alla «norma Zaia» che prende il nome dal governatore veneto che si trova in una situazione simile a quella di De Luca. Ma Schlein, in videocollegamento ieri con i consiglieri campani, ha ribadito che l’ex sindaco di Salerno non sarà mai il candidato dei dem alle Regionali. Non è esclusa una sua corsa in solitaria, fuori dal Pd, che i dem temono particolarmente. De Luca potrebbe arrivare a strappare al Pd anche il 10%, dice qualcuno. Un’emmoragia di voti che potrebbe sancire una nuova sconfitta stretegica per il centrosinistra.
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Lo schieramento avversario, nel frattempo, sembra vivere le stesse inquietudini delle opposizioni. La maggioranza in Campania è divisa infatti tra i nomi di Edmondo Cirielli, dell’ala meridionale di FdI, vicino all’ex titolare del Mic Sangiuliano, e quello di Fulvio Martusciello, capodelegazione di FI all’Eurocamera. Rimane ancora da comprendere, insomma, chi salirà per una parte e per l’altra sul difficile «ring» campano, ma il match si preannuncia già ricco di colpi di scena.
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