15.05.2025
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Politics

Migranti in Albania, perché se sono state rigettate le domande di asilo i 12 stranieri devono essere riportati in Italia?


Il ministro dell’Interno Piantedosi annuncia che ricorrerà contro la decisione dei giudici romani che hanno bocciato il trattenimento dei 12 migranti portati in Albania con una nave militare italiana. Per capire lo scontro in atto su un’iniziativa fortemente voluta dal governo, e guardata con interesse anche dalla Commissione Ue e dal premier laburista britannico Starmer, bisogna fare un passo indietro e ripercorrere le tappe politiche e amministrative che hanno condotto a questo impasse. 

Migranti in Albania, cosa dicono i giudici che hanno bloccato il trattenimento dei 12 stranieri (a cui è stata respinta la domanda di asilo)

Da una parte c’è un provvedimento su cui l’esecutivo Meloni ha investito molto. È stato realizzato un campo a Gjader, in Albania, che costerà più di 600 milioni di euro nei prossimi cinque anni, e che serve per poter gestire i flussi migratori e le domande di asilo delle persone non vulnerabili provenienti da Paesi che la Farnesina ha definito «sicuri» cioè che rispettano i diritti umani. Le richieste di protezione internazionale provenienti dai cittadini di questi Stati sono esaminate più velocemente e più difficilmente sono accettate perché, secondo il governo italiano, queste persone non corrono particolari rischi. Se, dunque, la loro domanda di asilo verrà respinta saranno trasferiti nel Cpr, all’interno del campo che è sottoposto alla giurisdizione italiana, per poi essere espulsi. 

Dall’altra parte ci sono i giudici che di fatto hanno bloccato l’azione del governo emettendo un’ordinanza che dice che le persone portate in Albania devono essere riportate in Italia perché provengono da Paesi non sicuri.

La definizione di «Paesi non sicuri» è determinante. Segnatevela perché ci torniamo tra poco. 

Partiamo da principio. Un anno fa la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il primo ministro albanese Edi Rama hanno firmato un accordo di collaborazione fra Italia e Albania per la gestione dei migranti soccorsi nel Mediterraneo. Il governo ha fatto costruire degli appositi CPR in Albania dove intende portare i migranti irregolari per espellerli più velocemente. L’intento è anche e soprattutto scoraggiare le partenze dei migranti irregolari verso l’Unione europea. Questo è lo schema idelogico su cui fa leva l’iniziativa del governo: se sa che c’è la forte possibilità che venga portato in Albania, un migrante ci penserebbe due volte a mettersi in viaggio e ad affrontare rischi, pericoli, torture e violenze per arrivare in Italia. Perciò la destinazione albanese rappresenta, secondo il governo, un deterrente anche nei confronti dei trafficanti che non possono più assicurare destinazioni certe ai migranti. L’innovazione del modello italiano sta nel coinvolgimento di un «Paese terzo», non Ue, per gestire lontano dalle frontiere nazionali il problema immigrazione. Olanda e Danimarca propongono di fare la stessa cosa in Uganda e Kosovo. È una formula che sembra raccogliere diversi consensi in ben undici paesi dell’Europa, oltre ad aver ricevuto il plauso e l’interesse della presidente Ursula von der Leyen. 

Veniamo al caso di oggi. Pochi giorni fa i primi 12 migranti, provenienti da Bangladesh ed Egitto, sono stati portati in Albania e per loro è stato emesso un decreto di trattenimento che doveva essere convalidato dal tribunale di Roma. Tutti gli organi amministrativi, questura e tribunale, dunque hanno preso le loro decisioni senza vedere i migranti, oggetto delle decisioni. La commissione territoriale, che invece ha impiegati italiani dislocati in Albania e che doveva valutare le 12 richieste d’asilo in Italia con «procedura accelerata», le ha respinte. Venerdì mattina, però, il tribunale non ha convalidato i trattenimenti sostenendo che i migranti provengano da «Paesi non sicuri», così come sono stati definiti dalla Corte di Giustizia Ue. Lo scorso 4 ottobre, infatti, la Corte ha detto che non è possibile, nel rispetto dei Trattati, considerare un Paese «parzialmente sicuro» come sicuro tout court. La Corte aveva esaminato il caso di un moldavo che richiedeva protezione alla Repubblica ceca che gliela aveva rifiutata perché considerava la Moldavia un Paese sicuro anche se c’è una regione non sicura: la Transnistria, che è occupata dai russi. Condizione questa che fa sì che tutta la Moldavia debba essere considerata nella sua totalità «Paese non sicuro». E i giudici romani hanno ribadito di sentirsi vincolati a questo pronunciamento della Corte.

Per l’Italia: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Camerun, Capo Verde, Colombia, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia sono Paesi sicuri. 

Per la Corte, invece, Bangladesh, Egitto, Camerun, Costa d’Avorio, Ghana, Colombia, Tunisia non sono Paesi sicuri e i migranti che approdano nella zona Sar italiana hanno diritto a essere portati in Italia e non in Albania. 

La «procedura accelerata», la «detenzione amministrativa» e la definizione di «Paese non sicuro»

Rifacendosi alla sentenza della Corte, dunque, i giudici romani non convalidano il trattenimento in Albania bocciando la «procedura accelerata» e lasciando intendere che serve una procedura ordinaria (che può impiegare fino a due anni). In sostanza: i 12 migranti non provengono da Paesi sicuri e quindi non possono essere trattenuti in un Paese terzo come l’Albania. Hanno diritto a essere riportati in Italia e lì devono essere prese in considerazione le loro domande d’asilo. 

Stupiti della procedura accelerata si dicono gli avvocati difensori che hanno operato a distanza. «La commissione asilo, con una procedura accelerata, ha rigettato alcune ore fa, prima dell’udienza, la domanda di asilo dei migranti che sono stati portati in Albania. Ritengo assurdo aver operato una procedura così veloce per una persona che aveva già riferito al suo primo contatto con le autorità italiane di essere stato un anno e mezzo in Libia sotto ricatto di una banda armata. Come ha detto bene il tribunale, i migranti dovevano essere portati in Italia», ha detto Gennaro Santoro, legale di uno dei migranti del centro in Albania. «Non ho proprio potuto parlare con il mio assistito — denuncia inoltre Ginevra Maccarone, dello stesso team di legali — il diritto di difesa è previsto dalla Costituzione ma questo non è avvenuto».

Meloni ha deciso di convocare un cdm appositamente per riscrivere le norme che dovrebbero rendere la procedura accelerata più fluida. «Ho convocato per lunedì un Consiglio dei ministri per approvare delle norme che servono a superare questo ostacolo. Non credo sia competenza della magistratura definire quali sono Paesi sicuri e quali no. È competenza del governo, quindi credo che il governo debba chiarire meglio cosa si intende per Paese sicuro», ha detto la premier da Beirut dove è in missione diplomatica. 

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