14.05.2025
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Politics

Open Arms, ecco come Salvini può trasformare le accuse in una spinta elettorale


Nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo va in scena un nuovo capitolo del processo Open Arms, che vede il vicepremier, ministro dei Trasporti e leader della Lega Matteo Salvini rischiare sei anni di carcere. Questa, almeno, la richiesta del pm, che ha accusato il segretario del Carroccio di sequestro di persona e abuso d’ufficio per aver impedito nel 2019, da ministro dell’Interno, lo sbarco di 147 migranti a Lampedusa, costringendo le persone a rimanere a bordo della nave dell’Ong spagnola. L’udienza di oggi è quella dell’arringa difensiva dell’avvocato di Salvini, Giulia Bongiorno.

Open Arms, un processo tra rischio e occasione per Salvini

Ieri, al vertice dei Patrioti a Bruxelles, si è parlato anche dell’udienza di Salvini di oggi. L’appuntamento d’altronde era imminente, con il leader leghista che, dalla capitale europea, è atterrato a Palermo in serata.

Il sostegno dei leader sovranisti dell’Eurocamera è arrivato trasversale, nel nome, sempre e comunque, di quella «difesa dei confini» nazionali che, nel 2019, era il mantra del Viminale declinato Salvini. E del partito suo tutto e degli alleati in Europa. Perché la battaglia per frenare l’approdo sulle coste del nostro Paese, per il leghista, prima che un pericolo causa processo, è soprattutto una medaglia al merito. 

Una di quelle lotte da intestarsi per ridare centralità alla Lega e guadagnare il sostegno delle persone, spinte a solidarizzare con un ministro della Repubblica che oggi rischia il carcere per aver svolto il suo lavoro e messo in pratica l’agenda politica concordata con gli elettori, è il punto di vista del Carroccio.

Processo Open Arms, l’arrivo di Salvini al bunker di Palermo

Una tesi ribadita sul pratone di Pontida e sui social con un video in cui, qualche giorno fa, il segretario leghista ha presentato ai followers il processo come risultato di una campagna politica contro di lui. «Salvini wanted» recitava la scritta sulle maglie di Pontida. Un complotto, dunque, ordito da «magistrati comunisti», li ha definiti ieri l’attuale vicepremier. E la possibile condanna, in quest’ottica, è già un’ingiustizia annunciata. 

Gli esponenti (e non) della Lega si sono stretti attorno a Salvini alla volta di Palermo. L’appuntamento è in contemporanea con l’udienza di fronte al Politeama. La Lega ha voluto una piazza sobria, niente «isterie collettive» come «quelle viste a Riace per la condanna di Mimmo Lucano» ammoniscono dal quartier generale del Carroccio. Il ring politico è sempre aperto, la battaglia di narrazione da opporre alla sinistra pure. 

Processo Open Arms, la Lega in piazza per Salvini. Bongiorno: «L’Ong invece di bighellonare doveva andare in Spagna»

In Sicilia ci sono tutti, o quasi. Oltre ai militanti, ai parlamentari nazionali e regionali, sono arrivati anche i ministri Giorgetti, Calderoli, Valditara e Locatelli, i sottosegretari Alessandro Morelli e Claudio Durigon, i capigruppo Romeo e Molinari. Perché il rischio di incriminazione, tra le altre cose, ha avuto pure il merito di far stringere il partito attorno a Salvini proprio in un momento in cui la sua leadership sembrava in discussione. 

Non solo. Anche in Europa, il processo «Open Arms» ha fatto guadagnare a Salvini la stima indiscussa dei colleghi sovranisti. Il belga Wilders ha detto al leader leghista che merita «una medaglia» per quello che ha fatto. Ma l’assist a Salvini prima dell’udienza è arrivato anche da Marine Le Pen e Jordan Bardella, da Abascal di Vox e dall’ex premier ceco Babis. Insieme hanno dichiarato che, nonostante il no a von der Leyen, voteranno sì a Fitto commissario. Tutto per il «patriota Matteo», a processo sull’onda del consenso. 

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