23.05.2025
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Politics

Si apre il fronte migranti. «Prevenire nuovi flussi dal Libano verso la Ue»


Rischia di essere un’emergenza nell’emergenza. Un’altra tragedia umanitaria con potenziali effetti dirompenti su una regione, il medio oriente e la Siria, già fortemente instabile. E di cui se la crisi non rientrerà potrebbe fare le spese anche l’Ue. Ecco perché tra i temi sul tavolo dei nove leader dei paesi mediterranei a Paphos è finito pure il dossier profughi siriani in fuga dal Libano. Più di 2 milioni di persone (anche se le stime non sono precise e alcune parlano di oltre 2 milioni e mezzo), che hanno lasciato il paese a causa della guerra civile in corso dal 2011. Per rifugiarsi, in gran parte, sotto la protezione di Beirut. E che oggi si sono trovate di nuovo sotto le bombe e hanno cominciato, in massa, a lasciare il Paese.

IL FENOMENO

Qualche numero che spiega l’entità del fenomeno l’ha fornito l’alto commissariato Onu per i rifugiati. Dal 23 settembre, dunque in meno di venti giorni, più di 200mila persone hanno già abbandonato il paese per tornare in Siria. Altri si sono riversati nella vicina Giordania. Altri ancora, è la preoccupazione, potrebbero cercare di raggiungere Cipro, e quindi l’Europa.

È anche questo il motivo per cui è stata proprio Giorgia Meloni, nel corso del pranzo di lavoro a Paphos, a farsi promotrice di un incontro a quattro con Ursula Von der Leyen, il premier cipriota e padrone di casa Nikos Christodoulidis e il re di Giordania Abdullah II, ospite dei lavori sull’isola.

Obiettivo: trovare «soluzioni concrete» per creare le condizioni affinché i rifugiati siriani possano fare ritorno in Siria, in modo «volontario, sicuro e sostenibile», viene spiegato al termine del quadrilaterale. Incontro durante il quale il sovrano di Hamman, che Palazzo Chigi considera un interlocutore prezioso per la stabilità dell’intera regione mediorientale, ha invitato la premier a recarsi presto in Giordania, invito che Meloni ha raccolto. In Libano del resto si trovano ancora più di 1,3 milioni di profughi siriani, vittime due volte della guerra. La crisi insomma rischia di far rivedere scene già viste. Come l’ondata di rifugiati provenienti dalla Siria e diretti in Europa tramite la rotta balcanica, che nove anni fa mise a dura prova il governo tedesco di Angela Merkel. L’allora cancelliera si disse disposta ad accoglierli e lo fece, aprendo i confini tedeschi a un milione di persone. Salvo poi pagarne un alto prezzo politico, con dubbi su quanto le successive politiche di integrazione abbiano funzionato.

LE ROTTE

L’attenzione è soprattutto per quella rotta, attraverso Turchia, Grecia e Balcani che nei primi mesi del 2024 ha visto crollare gli arrivi del 77 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: il timore è che adesso, con i bombardamenti sul Libano, venga riattivata dai trafficanti di uomini.

Anche per questo la premier ha voluto che all’incontro a quattro, al quale è seguito un bilaterale tra Meloni e re Abdullah, fosse presente anche von der Leyen, che ha fatto del contrasto all’immigrazione illegale e della lotta ai trafficanti una delle priorità della sua prossima Commissione (anche con l’indicazione di un commissario per il Mediterraneo).

LA COLLABORAZIONE

Una collaborazione, quella tra il governo italiano e il re di Giordania, che sui diversi fronti di interesse in Medio Oriente va avanti da mesi, e che si è concretizzata con il supporto giordano alla missione italiana Food for Gaza, che altrimenti «sarebbe stata impossibile», ha sottolineato la premier nelle dichiarazioni finali del Med9. E per la premier è un canale strategico. Decisivo, per aumentare la pressione su Tel Aviv con l’obiettivo di un cessate il fuoco. Ma anche per non vedere impennarsi di nuovo i numeri degli arrivi in Europa, dopo che tanto si è lavorato per diminuirli con risultati che – rivendica il governo italiano – sono sotto gli occhi di tutti.

Andrea Bulleri

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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