L’Ohio prima di Donald Trump e Kamala Harris. O meglio, la Liguria intesa come una casella utile per non chiudere il 2024 così come si era aperto in Sardegna a febbraio scorso: con una cocente sconfitta. Per Giorgia Meloni il prossimo voto ligure del 27 e 28 ottobre è paragonabile a quello di uno swing state a stelle e strisce, decisivo per imprimere una svolta ad una tornata elettorale che potrebbe rivelarsi potenzialmente nefasta. Le altre due Regioni al voto il 17 e il 18 novembre — l’Emilia-Romagna e l’Umbria — sono infatti campi da gioco decisamente meno favorevoli per l’asse composto dalla presidente del Consiglio con Antonio Tajani, Matteo Salvini e Maurizio Lupi, con il risultato che Genova può trasformarsi «in un’invidiabile via di mezzo» anche per il centrodestra di governo.
Una scommessa su cui la premier investe al punto dal voler rendere la chiusura di una campagna elettorale difficile come questa post-Toti, una celebrazione del secondo anno a palazzo Chigi. Quando il 25 ottobre salirà sul palco a sostegno della candidatura dell’attuale sindaco genovese Marco Bucci assieme agli altri leader della coalizione, Meloni giocherà la carta dei risultati dell’esecutivo, raccontando i 730 giorni trascorsi dal giuramento al Quirinale del 2022.
LA FESTA
L’idea a cui si lavora — soprattutto a via della Scrofa — non sta però solo nel replicare in grande la festa del Brancaccio dello scorso anno a cui la leader non presenziò perché ancora scossa dalla separazione con il giornalista Andrea Giambruno («Anch’io sono un essere umano» disse in un video-messaggio destinato ai presenti), ma pure rilanciare la presenza sui territori dell’intera coalizione di centrodestra, spedendo ministri, parlamentari ed eletti vari a «comunicare meglio» il loro lavoro in eventi ad hoc lungo tutta la Penisola. Un primissimo esempio è l’evento “Le radici della Bellezza” in corso fino a domani a Brucoli, nel siracusano, una sorta di Atreju marittima dedicata al turismo e quasi trasformata dal calendario in una sfida lanciata a distanza al pratone di Pontida brulicante di militanti leghisti. Una dicotomia che d’altro canto tornerà sul piatto pure tra pochi giorni a Milano dove, l’11 ottobre, il partito della premier sta limando i dettagli per “Far crescere insieme l’Italia”, versione in salsa FdI degli stati generali sull’economia.
Che Meloni intenda rilanciare l’impegno territoriale del suo partito l’ha del resto chiarito ai suoi poco più di un mese fa, nella direzione del partito tenuta al ritorno dalla pausa estiva. Tant’è che pure la dicembrina festa di Atreju quest’anno è destinata ad allargarsi, per tempi e spazi. A via dello Scrofa infatti si ragiona sull’estendere ad un’intera settimana l’abituale weekend fatto di panel, bancarelle natalizie e ospiti a sorpresa (lo scorso anno, a Castel Sant’Angelo, i grandi protagonisti furono Elon Musk sul palco e Giambruno in platea). Per di più, anche grazie allo slancio offerto dal Giubileo che “occupa” la piazza nei pressi del Vaticano, il palco di Fratelli d’Italia pare destinato a finire montato in ben più evocative dimore, come il Circo Massimo o le Terme di Caracalla. Una prova del fuoco per i meloniani che nel mirino dimostrano di avere più della triplice votazione regionale che costellerà questi ultimi mesi del 2024.
LE SFIDE
Cuori e sguardi sono puntati verso un’affermazione più ampia, che permetterebbe a FdI di dire completato il progetto di strutturarsi sul territorio avviato dodici anni fa. E cioè verso la conquista di nuove caselle in cima alle Regioni. Le sfide sono due: oltrepassare la breccia Veneto al Nord, mandando nelle retrovie la Lega e l’uscente Luca Zaia, e dare battaglia per una tra Campania e Puglia, per spezzare in un colpo solo il dominio dem e pure quello di Forza Italia, più forte che mai a certe latitudini.
Su Marche e Valle d’Aosta nihil dicit, ma c’è da giurarci che la campagna di conquista regionale a cui Fratelli d’Italia sta lavorando passerà anche da quelle parti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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