Dottor Vincenzo Caridi, capo Dipartimento per le politiche del Lavoro del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Da anni si occupa di innovazione e occupazione, prima all’Inps come direttore generale, ora al ministero, come valuta il monito dell’Inps sul sistema previdenziale? Corriamo dei rischi?
«L’aumento dell’occupazione supporta direttamente la sostenibilità del sistema previdenziale, ampliando la base contributiva e bilanciando l’uscita delle pensioni con nuove entrate. L’Italia ha implementato riforme, come l’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita, per contenere la spesa pensionistica e stabilizzare il sistema. È fondamentale continuare a monitorare l’invecchiamento demografico e promuovere l’occupazione, soprattutto tra giovani e donne, per garantire la sostenibilità a lungo termine. L’altra faccia sono le politiche di contrasto all’inverno demografico come l’assegno unico universale e quelle che puntano all’equilibrio tra vita familiare e lavorativa come “Bonus nido” e congedi parentali».
Come l’intelligenza artificiale può supportare il sistema previdenziale e creare nuove occasioni di lavoro, decisive proprio per rendere sostenibile il modello pensionistico?
«L’intelligenza artificiale ha il potenziale di ridefinire il mercato del lavoro, aumentando la produttività in molte professioni e automatizzandone altre. Questo cambiamento richiede un’attenzione speciale a politiche attive di formazione continua, soprattutto nei momenti di transizione lavorativa. Il coinvolgimento di giovani inattivi e donne, e la consapevolezza della necessità di aggiornare costantemente le competenze dei lavoratori, saranno fondamentali per mantenere un sistema previdenziale sostenibile».
Ma che impatto avrà?
«Quando parlo di Ia, mi piace articolare il suo impatto attraverso un gioco di parole e numeri: «le 3I dell’Ia»: innovare, integrare, ispirare. Innovare significa utilizzare l’Ia per creare nuove soluzioni, come algoritmi che ottimizzano i processi produttivi o software che migliorano il servizio attraverso l’analisi predittiva e aumentano la produttività. Integrare riguarda l’adozione pratica dell’Ia nelle attività quotidiane, ad esempio tramite sistemi di automazione che riducono gli errori nei processi di produzione, migliorando efficienza e sicurezza. Infine, ispirare implica l’utilizzo per promuovere l’innovazione creativa, incoraggiando una visione positiva e proattiva del suo impatto sul lavoro».
Ma può davvero aumentare la produttività?
« L’Ia è utile per aumentare l’efficienza e la produttività, ci aiuta a spostare il focus da mansioni ripetitive a ruoli e competenze che richiedono un maggiore ingaggio cognitivo. L’impatto è forte anche nelle scelte aziendali, dove occorre promuovere un uso dell’intelligenza artificiale che valorizzi competenze e capacità umane, piuttosto che sostituirle».
Si può migliorare l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro?
«L’intelligenza artificiale può giocare un ruolo chiave nel colmare il gap tra domanda e offerta. Un esempio concreto è l’utilizzo di algoritmi di data mining per analizzare in tempo reale le esigenze delle imprese e confrontarle con le competenze disponibili sul mercato».
Ci faccia un esempio concreto di cosa state facendo al riguardo.
«Con Inps, Regioni, istituzioni pubbliche e private stiamo evolvendo la piattaforma voluta dal Ministro Calderone – il Sistema informativo di inclusione sociale e lavorativa (Siisl) – il “marketplace” digitale nazionale che facilita l’incontro tra domanda e offerta di lavoro e formazione. Utilizzando sistemi di intelligenza artificiale, il Siisl è in grado di individuare i gap di competenze e di orientare l’offerta formativa in modo mirato. La piattaforma analizza le competenze richieste dal mercato e le confronta con quelle disponibili, suggerendo percorsi formativi che allineano i lavoratori alle esigenze attuali e future delle imprese. Inoltre, permette alle imprese di ordinare i candidati in base all’affinità con le posizioni aperte, migliorando l’efficienza del processo di selezione e contribuendo a ridurre il mismatch nel mercato del lavoro».
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