Una cordata italo-internazionale, guidata da un soggetto estero (in pole canadesi, indiani e ucraini), per il rilancio dell’ex Ilva. Con la possibile cessione anche del 100% del capitale di Acciaierie per l’Italia (ora in amministrazione straordinaria) e con l’assegnazione degli impianti entro giugno 2025. È il piano a cui starebbe lavorando in queste ore il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, dopo l’arrivo di quindici manifestazioni di interesse non vincolanti per l’acquisizione totale o di alcuni stabilimenti del polo siderurgico, con sede principale a Taranto.
L’obiettivo sarebbe unire più soggetti per arrivare a una soluzione complessiva: incassare almeno 1,5 miliardi dalla vendita, mantenere l’occupazione e procedere con la decarbonizzazione concordata con l’Ue, per cui lo Stato mette in campo 1 miliardo.
I PRETENDENTI
L’elenco ufficiale dei pretendenti ancora non è stato reso pubblico, ma di certo tra le italiane sono presenti Marcegaglia e Sideralba, mentre per ora sembra restare alla finestra Arvedi, che sarebbe assente come la big giapponese Nippon Steel. Ci sarebbero, invece, i canadesi di Stelco Holding, gli ucraini di Metinvest e gli indiani di Vulcan Green Steel (dopo l’esperienza fallimentare dei connazionali di Arcelor Mittal). I favoriti, al momento, sarebbero i canadesi, anche perché tra i pochi a presentare un’offerta per tutti gli stabilimenti: opzione che il bando di gara privilegia. Marcegaglia, al contrario, sarebbe interessata solo agli asset nel Nord Italia: i siti di Novi Ligure e Cornigliano. Idem per Sideralba e Arvedi, che sembra attendere le prossime mosse dei pretendenti per capire se inserirsi o meno nella partita. Questa delle 15 offerte, infatti, è solo la prima fase della procedura di gara lanciata a fine luglio dai commissari dell’ex Ilva, Giovanni Fiori, Giancarlo Quaranta e Davide Tabarelli. L’esame delle proposte inizierà già questa settimana, poi quelle vincolanti dovranno essere presentate entro fine novembre.
A quel punto il numero dei pretendenti potrebbe aumentare. I concorrenti dovranno precisare: il perimetro dell’operazione, il numero di dipendenti, l’attuabilità del piano ambientale, il contenuto della strategia industriale, il prezzo in euro, gli interventi di compensazione in favore delle comunità locali, l’affidabilità dell’offerente e il grado di certezza sul perfezionamento dell’operazione. Non si escludono nuove fasi di rilancio. L’obiettivo, comunque, è assegnare gli impianti già a marzo o al massimo, come detto, entro giugno 2025.
Se non si dovesse trovare un acquirente o una cordata che acquista complessivamente il polo siderurgico, non si esclude la vendita solo di alcuni stabilimenti o il mantenimento di una quota di capitale da parte dell’azienda di Stato Invitalia (oggi al 32% dopo il fallito accordo con ArcelorMittal per il passaggio al 66%). I sindacati, Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil, bocciano la prima opzione (il cosiddetto “spezzatino”), mentre chiedono che lo Stato mantenga almeno un 40-45% di quote come “garanzia” per la riconversione ecologica degli impianti e la salvaguardia dei circa 10mila lavoratori (di cui 4mila in cassa integrazione).
I CREDITI
Secondo Urso «grazie ai commissari si è evitato il collasso dell’ex Ilva, facendo ripartire la produzione». «Ora — aggiunge — sceglieremo il progetto migliore per garantire il rilancio e il percorso green del sito, che noi pensiamo possa diventare il più grande polo siderurgico verde d’Europa». Intanto c’é stata una schiarita per l’indotto di Taranto che lavora con Acciaierie d’Italia. In queste ore le imprese stanno ricevendo il pagamento dei crediti (al 70% o all’80%) maturati prima dell’amministrazione straordinaria scattata a febbraio.
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