18.05.2025
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Politics

il sì legato al discorso in commissione


 Un «passo indietro». L’Ursula bis non piace al Pd. Che giudica la nuova commissione di von der Leyen un «arretramento» sul fronte dei diritti, della transizione ecologica e delle politiche per il lavoro (capitolo sul quale i socialisti europei avevano sperato nella riconferma del loro “spitzenkandidat”, il lussemburghese Nicolas Schmit). E anche la nomina di Raffaele Fitto fatica a scaldare i cuori, al Nazareno. Non si esprime la segretaria dem. Passata da «aspettiamo di conoscere le deleghe» prima di dare un giudizio a «aspettiamo di ascoltarlo in audizione», di fronte alle commissioni chiamata a passare ai raggi X il profilo del ministro degli Affari Ue all’inizio di novembre. Di fatto, ciò che chiedono i dem al futuro titolare della Coesione europea è una professione di europeismo. E di «autonomia» da Meloni: «Dovrà dimostrare essere in linea con il mandato di von der Leyen, ossia un rafforzamento dell’Europa. «Finora il suo partito, i Conservatori, sono andati in direzione opposta». E soprattutto dovrà dar prova, per dirla con il capo delegazione dem a Bruxelles Nicola Zingaretti, di «liberarsi dalla retorica anti europeista del governo che lo ha indicato».

FORCHE CAUDINE

Insomma: molto, per i dem, dipenderà dalle forche caudine dell’esame in commissione. E non potrebbe che essere così, visti i forti dubbi lanciati sull’apertura di von der Leyen alla destra di Ecr da Socialisti e Verdi europei. Fin qui la posizione ufficiale. Che di certo non prevede elogi a Meloni per la vicepresidenza esecutiva incassata da Roma. Anzi: «Fitto è entrato papa ed èè uscito cardinale», punge ad esempio Dario Nardella, alludendo alle deleghe meno pesanti di quelle portate a casa cinque anni fa da Paolo Gentiloni (che però mancò la conquista del posto da vice). Poi, però, ecco le sfumature. Che fanno capire come di fatto – salvo pochi scettici tra i fedelissimi di Elly Schlein – gli euroeletti del Pd non remeranno contro al ministro pugliese. L’idea che va per la maggiore, nel gruppo brussellese, è che Fitto non si farà cogliere impreparato. Niente scivoloni, insomma: né sull’inglese tecnico – che ha passato l’estate a studiare – né sulla fede europeista. A quel punto, il veto dei Socialisti Ue potrebbe cadere (del resto S&D, pur raccogliendo l’idea dei Verdi di un possibile rimpasto in extremis, ha ammorbidito chiarendo che «saremo responsabili»). Lo stesso a quel punto potrebbero fare le resistenze nel Pd. Tanto più che la delegazione dem dovrà esprimersi sulla commissione nel suo complesso (e lì il sì è scontato): la valutazione sul nome di Fitto, invece, spetterà ai soli componenti delle commissioni interessate dalle sue deleghe. Il che aiuta a tenere una linea distaccata. E se Avs e M5S accolgono la nomina nel gelo, tra i dem non manca chi getta il cuore oltre l’ostacolo. Come Antonio Decaro: «Fitto – apre l’ex sindaco di Bari – è un esponente qualificato e capace di dialogo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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