Ora può sfogarsi e infatti si sfoga: «Ve l’avevo detto…». Ci ha creduto dall’inizio. Ma fino all’ultimo ha trattenuto il fiato, Giorgia Meloni, fedele al detto di San Tommaso: se non vedo non credo. Ora che Ursula von der Leyen ha mantenuto la promessa e ha nominato il “suo” Raffaele Fitto vicepresidente esecutivo della Commissione europea, tira un sospiro la presidente del Consiglio.
LE REAZIONI
È un crescendo, man mano che da Bruxelles arrivano buone notizie. Posta su twitter la foto insieme al ministro agli Affari europei e consigliere fidato di cui dovrà privarsi: selfie estivo fianco a fianco, la mano a V di vittoria. Poi l’applauso chiesto e ottenuto dai ministri in Cdm, «abbiamo sconfessato i gufi, l’Italia ha il posto che merita». Nel mezzo i chiarimenti diffusi da Palazzo Chigi per provare a smentire le opposizioni che parlano di un portafoglio mutilato, di second’ordine. Riforme e Coesione: quasi mille miliardi di euro. Ma la descrivono come una delega più leggera rispetto ad altre — concorrenza, mercato interno — e con l’ombra del falco lettone Valdis Dombrovskis che incombe sul Recovery e le riforme europee.
«Italia dileggiata, Fitto è un commissario commissariato» affondano i parlamentari Cinque Stelle. E Riccardo Magi di Più Europa: «La premier e Salvini saranno i suoi peggiori avversari». Meloni dà tutt’altra versione, ospite da Bruno Vespa a “Cinque minuti”. Esulta e invia messaggi alle opposizioni, il Pd di Elly Schlein in testa, che dovranno scegliere se promuovere o impallinare il commissario italiano al Parlamento Ue. «Penso che Fitto e l’Italia abbiano avuto una delega molto importante. Una vicepresidenza esecutiva, che era la nostra grande ambizione, vuol dire chiaramente avere uno dei ruoli più influenti all’interno della Commissione europea, con una delega molto importante che è Riforme e fondi di coesione». È lo scalpo per cui ha molto lavorato, il ruolo di “vice” nell’esecutivo europeo, a costo di lasciare in secondo piano il tiro alla fune sulle deleghe. Il segno di una vittoria politica: i Conservatori, che su suo ordine hanno votato contro “Ursula” all’Europarlamento il 18 luglio scorso, entrano con Fitto nella cabina di regia dell’Ue. Carlo Fidanza, capodelegazione di FdI in Europa, è il primo a esultare: «Abbiamo sempre sostenuto che, nonostante qualcuno abbia dipinto il rischio di un isolamento in seguito a quel voto, questa cosa non si sarebbe verificata».
Un successo, così lo racconta la leader di Fratelli d’Italia lasciandosi andare dopo una lunga e tesa giornata. Iniziata con l’attesa spasmodica, di prima mattina, dell’annuncio di von der Leyen, i dubbi che ancora facevano capolino nei pensieri della premier: «Aspettiamo di leggere bene la lettera di incarico». Ha vinto, dice su Rai 1, il «pragmatismo delle mamme», di “Ursula e Giorgia” che in due anni di convivenza fra Roma e Bruxelles hanno intessuto un rapporto schietto e trovato perfino un feeling personale. «Lei ha sette figli — scherza Meloni-, io ne ho uno e quindi non sono competitiva su questo. Però alla fine penso che siamo tutte persone che lavorano soprattutto guardando al futuro, per i figli e su questo cerchiamo delle soluzioni pragmatiche». Sono state settimane dure, durissime a Palazzo Chigi. Il caso Sangiuliano che ha scosso il governo, lo ha privato di un ministro. La sensazione di accerchiamento che cresce, una manovra sobria che incombe nei prossimi mesi. Ecco la nomina di Fitto è una grande boccata d’ossigeno. Ha tenuto il patto discreto siglato tra Meloni e von der Leyen alla vigilia di quel fatidico voto all’Eurocamera. Marciare divise, simulare distanza e perfino freddezza, per poi ritrovarsi al traguardo, come da accordi.
L’APPELLO
Nel Cdm pomeridiano dedicato al piano strutturale illustrato da Giorgetti Meloni spende poche parole e sono tutte per Fitto. Parte la ola dei ministri, un applauso lo incassa anche il nuovo arrivato, il titolare della Cultura Alessandro Giuli. Francesco Lollobrigida, d’impeto suo, esprime solidarietà a Matteo Salvini per il processo Open Arms e lo fa «a nome di tutti i ministri», che annuiscono in silenzio, mentre “Giorgia” e “Matteo” fumano in disparte.
La premier incassa una vittoria ma si prepara alla battaglia dell’Eurocamera e pertanto lancia messaggi alle opposizioni. «Se io devo guardare alla competenza, alla serietà di Raffaele Fitto, che è una persona stimata a 360 gradi anche in Europa, non ho dubbi che superi l’esame». Ma qui la sfida è solo politica e «tutto diventa più complesso». Meloni ricorda quando Berlusconi e lo stesso Fitto diedero manforte alla candidatura di Gentiloni. Segue un appello-monito alla rivale Elly Schlein che tentenna. Spiega che il Pd è la delegazione più grande dei socialisti, può «fare la differenza», si augura un’«Italia compatta» in aula. E questo perché «quando ci si muove fuori dai confini nazionali deve prevalere l’interesse nazionale all’interesse dei partiti».
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