20.05.2025
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Politics

assenti 18 ministri, ma Giorgetti c’è


È un Ecofin informale a scartamento ridotto quello di ieri a Budapest, organizzato dall’Ungheria che fino a fine anno regge la presidenza semestrale di turno del Consiglio dell’Ue. Perché? Perché su 27 ministri Ue dell’Economia nella capitale magiara sono arrivati appena in nove, oltre al padrone di casa, mentre gli altri hanno delegato numeri due o funzionari. Meno della metà, quindi, per un’agenda ridotta che ha visto l’anticipazione della stessa conferenza stampa di chiusura di regola prevista per il sabato. Tra i presenti al più alto livello l’Italia, unica tra i “big” Ue, con il ministro Giancarlo Giorgetti a condividere la trasferta insieme ai colleghi di Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Lussemburgo, Malta, Slovenia e Slovacchia. Assenti pure i due commissari competenti per materia, cioè Paolo Gentiloni e Valdis Dombrovskis, rappresentati dal direttore generale Maarten Verwey, mentre all’Eurogruppo informale che ha aperto la giornata c’erano sia la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde sia il capo del forum di coordinamento dei ministri delle Finanze della zona euro Paschal Donohoe.

EUROPA SPACCATA

L’Europa, insomma, s’è ritrovata spaccata come spesso accade quando sono in ballo i dossier economici, e ognuno s’è mosso per sé. Ma la ragione, stavolta, è essenzialmente diplomatica e risale all’estate. L’incontro andato semi-deserto è frutto del boicottaggio deciso dalla Commissione, e anticipato da svariati governi, in reazione alla disinvolta tournée in solitaria condotta nei mesi scorsi dal premier ungherese Viktor Orbán; una scelta che a fine agosto aveva già comportato la ricalendarizzazione a Bruxelles di una due giorni dedicata a Esteri e Difesa inizialmente prevista nella capitale ungherese. E critiche per la presenza del titolare del Mef sono arrivate da +Europa: «Anche in questo caso, Giorgetti e Meloni fanno una scelta di campo in Europa, il campo sovranista, che non fa l’interesse dell’Italia», ha commentato Benedetto Della Vedova.

A luglio, Orbán, fama di inossidabile putiniano, dopo essersi recato a Kiev da Volodymyr Zelensky in avvio di semestre, aveva proseguito la sua autoproclamata e non concordata “missione di pace” in Ucraina prima a Mosca da Vladimir Putin, poi a Pechino da Xi Jinping e infine a Mar-a-Lago da Donald Trump. Sempre negando di rappresentare l’Ue nel suo complesso, certo, ma anche approfittando dell’equivoco generato dalla contemporanea presidenza di turno: una situazione che ha fatto irritare i partner Ue e la stessa Ursula von der Leyen, che ha riservato precise bordate a Orbán senza mai chiamarlo per nome.

La questione tornerà a essere dibattuta mercoledì, quando l’uomo forte di Budapest interverrà davanti alla plenaria dell’Eurocamera a Strasburgo.

L’INTERVENTO

Ieri è stato il suo ministro dell’Economia Mihály Varga a fare, oltre agli onori di casa, pure spallucce, senza lasciarsi impressionare dagli effetti della riunione snobbata: l’Ecofin «è stato un successo», con «tutti gli Stati intervenuti», molti dei quali a livello ministeriale. «Le sanzioni spesso ottengono il contrario», ha detto Varga ripetendo un classico della retorica ungherese, e in questo caso il boicottaggio ha «lavorato a beneficio della nostra presidenza». Che ha sfruttato l’occasione per tornare ad attaccare Bruxelles, dal dossier migrazione al sostegno all’Ucraina nella resistenza contro l’invasione russa. All’Ecofin informale (cioè senza voti o decisioni) in riva al Danubio si è parlato di «supportare i Paesi a basso reddito nella gestione del debito nazionale. Invece di sostenere la migrazione che innesca processi irreversibili che rovinano l’economia europea», è più pratico «sia in termini di Ue e sia di Paesi terzi, fornire aiuto nei Paesi di origine», ha aggiunto il ministro. E sul Pil: «La crescita annuale nell’Ue è molto bassa», quella «degli Usa è circa cinque volte superiore, quella della Cina quasi dieci»; cifre che «evidenziano, tra le altre cose, le conseguenze negative della guerra» e sono «un motivo in più per noi per porvi fine».

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