23.05.2025
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Politics

«Senza di noi vincerà sempre la destra»


Senza l’area riformista il centrosinistra è destinato a perdere. È una certezza che si ripete come una filastrocca quella di Matteo Renzi, attratto dalla proposta di saldare quel vecchio campo largo che ora preferisce definire «nuovo centrosinistra». Purché si discuta di contenuti e si metta da parte «la politica dei veti, del “no tu no”» di jannacciana memoria, spiega intervistato al Tempo di Adriano nella sua prima vera uscita pubblica romana dopo l’estate. «Ci candidiamo a rappresentare l’ala Blair, l’ala riformista dentro il centrosinistra e per farlo siamo pronti a portare i nostri contenuti. Vogliamo dialogare con il Pd e con Elly Schlein. Dopodiché non è che ce l’ha ordinato il dottore, se c’è lo spazio per fare un accordo, noi ci siamo». A porre veti sono gli avversari di sempre, i grillini. Se prevarrà il “no tu no”, spiega Renzi, «allora il centrosinistra non sarà governato dal Pd ma dal M5S». E sarebbe un peccato, perché senza riformisti il «centrosinistra perde — assicura l’ex premier — è una questione matematica e politica, basta vedere quanto successo in Gran Bretagna».

Renzi riannoda i fili degli ultimi mesi e disconosce la paternità del nuovo centrosinistra. «Schlein aveva già invitato tutti a costruire l’alternativa, ancora prima della partita». Il riferimento è alla partita del cuore del 17 luglio che vide i tre leader del centrosinistra dalla stessa parte della barricata, in squadra insieme. «Chi scrive che mi sono autoproposto non ha quindi capito nulla. Abbiamo ricevuto una richiesta da Schlein e siamo andati a vedere». Sedersi ad un tavolo per un caffè con tutti i leader del centrosinistra è forse prematuro ma la strada è segnata: «Facciamo le cose con calma — ribadisce — però è evidente che quella è l’unica soluzione se si vuole vincere».

I TEMI

I temi comuni ci sono, secondo il leader di Italia Viva. Stipendi, cultura e infrastrutture in primis. Alla base c’è infatti un problema nel ceto medio, che va aiutato. «Bisogna quindi investire sulla detassazione degli utili destinati ai lavoratori», suggerisce Renzi che riconosce i buoni risultati ottenuti dal governo sull’occupazione ma sottolinea anche la mancata crescita concomitante degli stipendi. «Solo la Grecia peggio di noi», ricorda. Quindi chiede una maggiore spinta su educazione e cultura, «che sono alla base di tutto. Tajani sullo ius scholae chiacchiera ma non chiude». Infine più attenzione alle infrastrutture mettendo in sicurezza il territorio: «Abbiamo il problema della siccità, piove molto ma non abbiamo infrastrutture per raccogliere la pioggia. Perché il centrosinistra non riparte da qui?». Intese potrebbero nascere anche su intelligenza artificiale, energia e innovazione, basta mettere da parte «la politica dei veti in cui è evidente che ciascuno ragiona su simpatia e antipatia».

Renzi rivendica tutto del suo passato politico: «Sono orgoglioso di Mattarella, Draghi, unioni civili, legge sul caporalato, 80 euro e jobs act», su cui annuncia comitati per evitarne l’abolizione. «In quella circostanza la Schlein fu l’unica coerente, uscì dal Pd perché non era d’accordo sul jobs act». E respinge le accuse di ambiguità: «Il dibattito viene posto solo a noi. A Sanremo, di fronte al sindaco scelto da Scajola, il vicesindaco è del Pd. Quello che non va bene a Genova va bene a Sanremo?».

LA CULTURA

Il leader IV chiede pertanto di guardare avanti, di smetterla coi litigi sul passato e di guardare al futuro per mettere da parte il quinquennio Meloni, ora alle prese con «l’indecorosa pagliacciata Sangiuliano». Renzi si dice dispiaciuto: «Bisognerebbe discutere di cultura, di come creare posti di lavoro, di come evitare che i giovani laureati vadano all’estero e invece la vicenda va avanti da settimane. Abbiamo chiesto le sue dimissioni perché non è capace di fare il ministro della Cultura».

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