Più che con una fumata bianca, il conclave di Fratelli d’Italia a Montecitorio ieri si è concluso con una chiamata alle armi. «Dobbiamo farci trovare pronti» è l’appello con cui Giorgia Meloni, in un lungo intervento nel corso dell’esecutivo nazionale del partito, si è mostrata determinata a serrare i bulloni di FdI, scosso dagli eventi degli ultimi mesi e un po’ lasciato a se stesso dalla premier dopo l’approdo a palazzo Chigi di due anni fa.
Un corno di guerra, quello della premier, utile per ricordare a tutti — non solo alla trentina di presenti nella sala Tatarella di Montecitorio, tra cui la sorella Arianna — che il lavoro a cui si stanno dedicando il partito e il governo «non prevede né pause né soste, ma tanto meno può consentire errori e passi falsi».
LA VICENDA
E proprio parlando di intoppi, inciampi e scivoloni la premier, con accanto Giovanni Donzelli e Guido Crosetto, pare entrare a gamba a tesa sull’attualità. «Dobbiamo anche essere consapevoli che non ci viene perdonato nulla e che nulla ci verrà perdonato» dice, senza mai citare direttamente il caso Sangiuliano, ma ben consapevole che queste parole — in realtà ricorrenti nei suoi interventi più politici — sarebbero inevitabilmente state ricondotte all’ex direttore del Tg2.
«Quando i nostri avversari non hanno trovato nulla per attaccare, hanno dovuto inventarsi di sana piana notizie false per farlo. E quando qualcuno ha compiuto un passo falso, hanno utilizzato ogni strumento a disposizione per colpirci» ha spiegato lasciando trapelare un minimo di freddezza nei confronti del ministro a cui sembra aver accordato una fiducia a tempo, almeno fino al termine del G7 Cultura. D’altro canto nella stanza di Montecitorio sono tutti convinti che un partito già alle prese con la vicenda Santanché o in imbarazzo per i casi Pozzolo e Delmastro, non possa permettersi ulteriori variazioni sul tema. «Siamo sempre stati i giudici più implacabili di noi stessi — ha quindi scandito con un po’ di indulgenza — e dobbiamo continuare ad esserlo, perché l’occasione storica che ci hanno dato i cittadini non merita di essere sprecata per un errore, una distrazione o una sbavatura. Non possiamo permetterci di prestare il fianco».
IL RICHIAMO
Un richiamo all’ordine «in vista dell’autunno caldo» a cui sarà chiamato l’intero centrodestra, spiegano i presenti all’incontro durato oltre quattro ore e sospeso qualche minuto solo per attingere ad uno scarno buffet a base di pizzette e panini. «Noi stiamo facendo la storia, e dobbiamo esserne tutti consapevoli. E questo non prevede né pause né soste, ma tanto meno può consentire errori e passi falsi» ha esordito non a caso Meloni lanciandosi nell’abituale lunga disamina dei dati macroeconomici «estremamente positivi», della «crescita dell’occupazione di qualità e della diminuzione del precariato», del «cambio di passo» sull’immigrazione e, soprattutto, dal ruolo ritagliato per l’Italia in Europa.
La «visione critica» della Ue portata avanti dai Conservatori, è la tesi della premier, ha contribuito a spostare verso destra l’asse del Vecchio Continente, consentendo a FdI di «svolgere il ruolo di cerniera tra i Popolari e i gruppi alla nostra destra». Una parte da co-protagonista che, il sottinteso, diventerà evidente la prossima settimana quando Raffaele Fitto riceverà l’incarico di vicepresidente esecutivo della Commissione, smentendo chi vedeva nelle mosse meloniane un inevitabile isolamento. «Abbiamo ragione noi quando diciamo che l’Europa debba riconoscere all’Italia ciò che gli spetta per il ruolo che ha, non per come vota. E che vieni rispettato se sei credibile, non se sei accondiscendente» ha spiegato Meloni.
Una serie di «successi» che secondo la premier FdI dovrebbe «comunicare sempre di più», impegnandosi ad «essere sempre di più da pungolo nei confronti dell’esecutivo», aggiunge, quasi “avvisando” Lega e Forza Italia di poter giocare la loro stessa partita.
Un confronto che ora, mentre FdI si radicherà meglio sul territorio, si sposta sulle Regionali. Non solo Emilia-Romagna, Umbria e Liguria ma, ha concluso Meloni avviando di fatto la campagna elettorale per il 2025, nelle Marche, in Campania, in Puglia, in Toscana e, soprattutto, in Veneto. Proprio dove la premier sbarcherà domani per il G7 dei presidenti del Parlamento.
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