Settembre non è più il tempo delle bandierine ma delle responsabilità. E così dopo la parentesi estiva aperta e chiusa in Puglia, Giorgia Meloni è tornata infine a Roma per riprendere in mano le redini del governo e della maggioranza. Se ieri la presidente del Consiglio si è limitata a fare il punto con lo staff e con alcuni fedelissimi proprio mentre a palazzo Chigi erano in corso le prime riunioni tecniche sulla Manovra, gli impegni che la attendono nei prossimi giorni sono tanti.
In primis, entro il 30 agosto, la comunicazione con cui indicherà il nome di Raffaele Fitto ad Ursula von der Leyen come candidato italiano alla Commissione europea. A meno di clamorosi colpi di scena dettati dalle «remore» della premier rispetto ad una delega europea insufficiente a motivare uno smottamento nell’esecutivo — ed è ancora in corso la trattativa per ottenere una vicepresidenza, tant’è che i tempi sembrano destinati ad allungarsi fino a metà settembre per la composizione del puzzle — Meloni sembrerebbe pronta a chiudere il cerchio. Non è stata però sciolta la riserva sulle modalità. L’idea di mostrare la massima condivisione attorno alla nomina europea del ministro è ancora dominante nonostante le dichiarazioni favorevoli già arrivate da Forza Italia e Lega. Il dubbio è se farlo approfittando del vertice con Matteo Salvini e Antonio Tajani che si terrà questo venerdì, o se indire già domani o giovedì un Consiglio dei ministri in cui l’obiettivo europeo affiancherebbe operazioni di piccolo cabotaggio, come alcune ratifiche o nomine in scadenza. Se alla fine non dovesse essere così, il cdm che segna la definitiva ripresa dei lavori del governo si terrebbe la prossima settimana.
Quale che sia l’appuntamento, la volontà è anche chiarire in qualche modo che la decisione sul dopo-Fitto non assumerà le sembianze di una negoziazione con gli alleati di centrodestra. Ovvero le deleghe del ministro (Pnrr, Coesione, Sud e Affari europei) non saranno spartite con azzurri e Carroccio ma resteranno in seno a FdI. Anzi, per evitare facili appetiti legati a rimpasti di sorta, ai vertici dell’esecutivo c’è chi sostiene che la premier si sarebbe convinta a tenere per sé ad interim l’intero pacchetto. Almeno fino all’inizio del 2025, quando saranno sufficientemente lontani i probabili scossoni derivanti dall’udienza preliminare su Daniela Santaché fissata per il 9 ottobre.
I DOSSIER
Che il cdm possa slittare rispetto a quanto preventivato prima che il governo abbassasse la serranda ad inizio agosto è dovuto anche al fatto che i tempi ancora non paiono maturi per assolvere all’altra necessità per cui si attendeva la riunione: varare un decreto anti-infrazioni che disinneschi la volontà della Commissione Ue di ricorrere in Corte di giustizia per la mancata applicazione della direttiva Bolkestein. Se Fitto continua a tenere aperto il canale di dialogo con Rue de Berlaymont, prima di poter chiudere la trattativa scambiando gli indennizzi con le gare, c’è da sciogliere il nodo politico. Per tutti — FdI, Lega e FI — il tema è imbarazzante. E infatti sarà tra i dossier che squadernati a palazzo Chigi venerdì. Sul tavolo pure la definizione delle priorità su cui investire risorse ed energie nella Manovra, il tentativo di trovare una quadra sui vertici della Rai o sulle questione carceri e Ius Scholae, ma pure sulle Regionali. Sventata la possibilità di un election day tra Emilia-Romagna, Umbria e Liguria, il centrodestra ancora si interroga su come disinnescare l’impasse sul candidato. L’idea di un nome civico va per la maggiore ma, come per Bruxelles, anche per Genova al momento paiono scarseggiare i candidati.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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