ROMA Tentare il blitz. E anticipare la discussione sulla cittadinanza ai figli degli stranieri al primo momento utile: la riapertura delle Camere, il 10 settembre. È il piano lanciato da Enrico Costa (Azione) per provare a mettere Forza Italia di fronte al bivio: votare con le opposizioni, rischiando di assestare un colpo alla tenuta della maggioranza? Oppure fare un passo indietro, col rischio però di rinunciare (almeno per il momento) a combattere la battaglia?
«Il dibattito parlamentare sulla ius scholae – ipotizza l’esponente di Azione – potrebbe iniziare già il 10 settembre, quando si discuterà il ddl sicurezza in aula alla Camera». E questo perché tra gli articoli sono previste piccole modifiche alla legge sulla cittadinanza. Il che «rende ammissibili emendamenti sullo stesso argomento. Se scritte bene tecnicamente – ragiona Costa – con i giusti agganci al testo, sarebbero ammissibili proposte volte a introdurre lo ius scholae». Sempre che quegli emendamenti vengano giudicati ammissibili. In quel caso, sarebbe il governo a dover dare un parere. Ma il deputato calendiano non si fa troppe illusioni: «il governo darà parere negativo e la maggioranza non si spaccherà. Si metteranno d’accordo sostenendo la tesi che il ddl sicurezza non è la sede idonea».
Si interroga su come tentare l’asse con gli azzurri, l’opposizione. Anche se la proposta forzista è più soft rispetto a quella di Pd, M5S e sinistra, dal momento che per diventare cittadini italiani secondo il partito di Antonio Tajani i ragazzi dovrebbero aver completato la scuola dell’obbligo, non soltanto un ciclo. Ma nel Pd, in attesa che sul tema si pronunci anche la segretaria Elly Schlein, la linea che sembra prendere piede è quella espressa anche dal padre nobile dem Romano Prodi sulle colonne di questo giornale: meglio un piccolo passo che niente. «Intanto sediamoci a un tavolo e discutiamo», continuano a ripetere i democrat: «Se FI fa sul serio, l’intesa è a portata di mano».
Eppure anche tra gli azzurri comincia a emergere qualche distinguo. Come quello di Licia Ronzulli: «Su questi temi non si può litigare nel governo – avverte la vicepresidente del Senato – In giro mi chiedono se stiamo scherzando: gli elettori non ci perdonano i litigi». E poi, proprio per evitare incomprensioni con gli elettori, «dobbiamo parlarne nelle nostre sedi e agli eventi di partito – prosegue l’esponente azzurra – ascoltando tutte le posizioni e fare sintesi». Posizione, per il momento, isolata dentro FI, con lo stato maggiore compatto sulla linea di Antonio Tajani.
Qualche crepa però si registra pure dentro Noi moderati, con il coordinatore Saverio Romano che parla di riforma «non adeguata» e per la quale «non ci sono le risorse». Corregge il tiro il leader Maurizio Lupi: «Siamo a favore, ma prima di aprire il confronto con le opposizioni va trovata una posizione condivisa all’interno del centrodestra».
Impresa ardua, visto che sul fronte aperto da Forza Italia gli alleati di governo continuano a frenare. Sull’argomento torna Matteo Salvini dalla festa leghista di Pinzolo. «Sto messaggiando con Meloni anche nelle ultime ore: il nostro obiettivo – sbatte la porta il leader del Carroccio – non è lo ius soli ma aumentare gli stipendi. Star lì a litigare sulla cittadinanza non è utile a nessuno: è una priorità per la sinistra ma non lo è né per la Lega né per il governo né per il centrodestra».
SPEGNERE IL FUOCO
Toni più soft, ma stesso muro, dai meloniani. Che provano a spegnere il fuoco prima che il tema venga affrontato – come pare probabile – al vertice tra i tre leader di maggioranza convocato per il 30 agosto. «Ognuno ha il diritto di esprimersi su questo tema – suona la premessa del presidente dei Conservatori all’Eurocamera Nicola Procaccini – Ma non credo sia giusto occuparsi di un tema come la cittadinanza. Una legge c’è». l parlamento, insomma, farebbe meglio a impegnarsi «nella realizzazione del programma».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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