La Roma si è riavvolta su se stessa, ha l’occhio vigile verso il futuro ma una squadra ancora con qualche pezzo mancante. Il mercato, fin qui, ha vissuto un saliscendi vertiginoso: una prima parte di preparazione, De Rossi l’ha portata avanti con i ragazzini e con i due innesti, Sangaré e Le Fée, poi sono arrivati Ryan, Soulé, Dovbyk e Dahl. Ma soprattutto negli ultimi giorni è scoppiato il caso Dybala che, a quanto pare, a Roma ha i giorni contati, per buona pace dei tifosi e degli innamorarti del calcio. Oggi la squadra giallorossa scende in campo a Cagliari, con il mercato ancora aperto (per fortuna) e con dei buchi da colmare: al momento non è più forte dello scorso anno, manca un terzino destro, un esterno alto di sinistra, un centrocampista e un difensore centrale. Ma il match in Sardegna vale sempre tre punti, non sta a guardare le date delle trattative e se un calciatore partirà o uno nuovo, magari migliore, arriverà. È subito un esame, di quelli tosti. Ammesso che tutte le caselle verranno riempite, ci sentiamo comunque di sostenere come la stagione non potrà essere da vertice e per vertice intendiamo lo scudetto. Il primo posto, sorprese a parte, compete ad altri, perché la Roma oggi è figlia di una rivoluzione inevitabile e corposa. De Rossi sta costruendo una squadra più giovane, fresca e con l’idea di poter stupire, conquistando quel piazzamento in Champions che manca da sei anni. Una specie di ossessione, entrata nella testa e sulle spalle di De Rossi, che ha quell’obiettivo ma deve avere i mezzi per raggiungerlo. Il progetto Roma è in mano a un tecnico novizio, che ha preso la squadra in corsa e si è difeso bene, pur non ottenendo subito il risultato sperato. Ora il livello dell’esame aumenta, come le aspettative: De Rossi è sempre meno giocatore e sempre più l’allenatore, del resto è ciò che ha sempre chiesto con quel «giudicatemi come tecnico e non come bandiera». E ieri ha rafforzato il concetto con «le fortune dell’allenatore sono i calciatori forti e i risultati». Il problema è che i risultati gli verranno chiesti anche senza i calciatori forti, perché questo è il destino di un tecnico davanti alle ambizioni del suo popolo. Che ama identificarsi sì nei colori giallorossi, ma vorrebbe tornare a vincere, o quantomeno a competere per traguardi importanti. E il trofeo della Conference conquistato da Mourinho ha rispolverato certi piaceri. La Roma forse non avrà una rosa di campioni, ma di calciatori che hanno voglia di crescere e di far crescere la squadra. E per questo motivo il compito di un allenatore, in questo caso DDR, diventa più difficile. I calciatori arrivati non sono volti noti, top player, ma calciatori forti, Dovbyk e talenti in divenire, Soulé. Molto, dunque, dipenderà da Daniele, dalle sue idee, dal suo modo di costruire un gruppo, di regalargli un gioco e di valorizzare il materiale che ha a disposizione. E soprattutto da come sarà capace di imporsi fino in fondo sul mercato. Lavorare sui pregi e nascondere i difetti, questo si chiede a un allenatore con a disposizione una rosa più da rincorsa che da corsa. Molto poi, dipenderà da Dybala, capace di accenderti con un colpo da biliardo, con lo stop impossibile, col gol che non ti aspetti. Di tutti si può fare a meno, anche di Paulo, ce lo insegna il calcio ogni giorno: ma il pericolo, per una squadra come la Roma, non è solo perdere un grande giocatore (che magari verrà sostituito) ma di perdere un sogno. De Rossi chiede calciatori forti e soprattutto una rosa con alternative, per non arrivare con il fiato corto come nell’ultima stagione. Le fortuna della Roma — e di DDR — dipendono da questo, con o senza Dybala. Il grosso è fatto, ma non tutto. Le vere ambizioni della Roma le scopriremo all’indomani della fine del calciomercato, quando saranno trascorse tre giornate di campionato. Non poche.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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