ROMA Elly Schlein si sta convincendo, e il “recuperato” Renzi spinge particolarmente su questo scenario, un po’ azzardato, che si andrà a votare prima del 2027. E quindi: «Occorre stringere i bulloni con una certa velocità», dice ai suoi la segretaria del Pd, in questi giorni di ferie che saranno una decina e poi si tufferà nelle feste dell’Unità (l’8 settembre il suo comizio alla festa nazionale a Reggio Emilia) di questa «estate militante». E tesse la sua tela Elly, che è composta di due lati.
Il primo dei quali è più semplice, ma neanche tanto viste le liti interne al centrosinistra che non si placano rispetto al nuovo rapporto con Italia Viva. Ed è quello della politica — ossia comporre l’alleanza del campo largo senza il solito spettacolo dei bisticci e dei personalismi — mentre il secondo è quello delle politiche. Insomma, prima la definizione della squadra ossia del chi siamo, e poi la decisione delle politiche pratiche e di interesse per i cittadini che si vogliono fare; la scelta e l’illustrazione dei temi popolari su cui puntare; dei contenuti programmatici — «Con l’identità non si vince, e in una contrapposizione tra la nostra identità progressista e la loro identità moderata e anche di destra in Italia rischia di primeggiare la seconda», come ricordano a Schlein i suoi consiglieri più assennati e i libri di storia politica di cui non è digiuna, provenendo da una famiglia radical-socialista di ottime origini: quella, da parte di madre, dei Viviani — da rivolgere a un Paese che chiede concretezza.
IL PUBBLICO
Mentre la prima parte della strategia, con la costruzione del campo largo, sta procedendo abbastanza spedita, nonostante i capricci di Conte, Fratoianni e Bonelli contro Renzi, quando si tratterà di formare l’insieme della proposta di politiche popolari (altro che unità delle opposizioni in materia di governance Rai, materia che interessa poco o niente agli italiani) sulle quali si conquista il consenso vero non sarà agevole venirne a capo. Schlein non si mostra scoraggiata: «L’aggettivo pubblico è quello che ci unisce ed è quello che parla alla gente». Ovvero: «Sanità pubblica, scuola pubblica, servizi pubblici, beni pubblici, lotta al cambiamento climatico come orizzonte pubblico di una nuova vivibilità». Questi però vanno bene come capitoli. Che poi andranno riempiti. Come?
L’idea di Elly la Tessitrice è quella di individuare una serie di temi forti, condivisi e discussi a livello di tavoli tra le persone competenti dei vari partiti del nascente centrosinistra (compresi professori d’area), inserirli in una prima bozza unitaria e farne una piattaforma che entro la fine dell’anno «tutti portano dappertutto» (occasioni pubbliche dei partiti, feste, eventi, consessi scientifici, incontri nazionali e internazionali, riunioni con la cittadinanza, con le associazioni, i comitati territoriali, i sindacati). E contemporaneamente far lievitare questo programmone con il contributo di idee da parte di chiunque voglia proporle. In una modalità da «democrazia partecipativa» on line, che sia di tipo orizzontale e diventi una vera e propria agorà telematica — sull’esempio di quella che stanno allestendo i cinque stelle in vista della costituente di ottobre, e da questo punto di vista si può parlare di un Pd grillizzato o meglio contizzato — da condensare alla fine in una serie di grandi appuntamenti non virtuali, capaci di sintetizzare i bisogni reali e le risposte possibili.
INSIEME MA ANCHE NO
Tutto bello, no? Se non fosse che, passando dagli schemi tra partiti alla messa a terra di una proposta popolare, anzitutto a Schlein non sfugge che le divisioni sul che cosa essere e sul che cosa fare sono profonde tra Pd, M5S, alleanza rosso-verde, Italia Viva, Più Europa. Il catalogo della disunione, al netto di autonomia, premierato e sanità pubblica dove c’è intesa, è questo: giustizia (dem e stellati in disaccordo, per non dire Italia Viva), Ucraina, Gaza («Subito iniziative comuni per fermare Netanyahu», è il grido di pace lanciato ieri da Schlein, ma intanto Conte vuole il ritiro dell’ambasciatore italiano in Israele e il Pd no), salario minimo (Renzi non ci sta), politiche sul lavoro, jobs act. E la lista potrebbe continuare.
«Il carovita sta aggredendo i cittadini, cominciamo a perfezionare idee su questo», è la linea della segretaria per trovare un terreno comune — di indubbia rilevanza sociale — che faccia passare in secondo ordine le varie e sostanziose divisioni. Che si pensa di aggirare anche in un altra maniera: contando nella possibile vittoria elettorale nelle Regionali che si svolgono a novembre (Emilia, Liguria, Umbria) e sarà questa tripletta, credono o s’illudono al Nazareno, che avrà anche l’effetto di portare il riottoso Calenda a unirsi con il resto della compagnia carica di sogni di gloria. Ma come si sa, l’ottimismo e il sorriso — Elly ne sfoggia sempre di più — in politica non bastano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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