I distinguo, è innegabile, ci sono. Che l’Italia si smarchi dalla Commissione Ue sull’offensiva di Kiev in territorio russo è però vero solo in parte. Almeno secondo palazzo Chigi che lascia trapelare sia di considerarsi «in linea con l’Europa» sia di schierarsi «sempre tra i prudenti». Un equilibrismo difficile del resto già emerso quando all’ok degli Stati Uniti all’utilizzo delle loro armi a corto raggio oltre il confine ucraino si sono accodati quasi tutti i paesi Nato (tra cui le principali cancellerie del Vecchio Continente), isolando Roma e poche altre capitali su posizioni più difensiviste.
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La prudenza italiana si motiva attraverso il timore che le operazioni in larga scala lanciate da Volodymyr Zelensky aprano ad una nuova escalation. «Se vogliamo arrivare alla pace non dobbiamo incentivare altri impatti ulteriori di guerra» sono non a caso le parole affidate a Radio Anch’io, su Rai Radio1, dal ministro della Difesa Guido Crosetto, che vede allontanarsi le speranze per l’apertura di un tavolo di trattative per la fine delle ostilità in Ucraina. «Nessun Paese deve invadere un altro Paese e dobbiamo mantenere questa linea anche in questo caso. Il nostro tentativo è di dire che deve cessare l’attacco russo e bisogna ripristinare le regole del diritto internazionale, non quello di vedere un conflitto che diventa ancora più duro, che si sposta sul territorio russo», ha continuato Crosetto, prevedendo «un ulteriore peggioramento nell’atteggiamento bellico della Russia sul fronte ucraino e ciò allontanerà sempre di più la possibilità di un cessate il fuoco, che è la precondizione per un percorso di pace». Una posizione che lo stesso ministro precisa non essere contro la Ue perché, dice al Messaggero, «i principi valgono per chiunque». Sulla stessa lunghezza d’onda anche il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani, determinato a chiedere chiarimenti sia a Kiev sulla natura delle operazioni, sia a Bruxelles per l’avallo offerto da un portavoce della Commissione. «Non ne abbiamo parlato con nessuno», spiega, alludendo al fatto che è impossibile sostenere che quella del portavoce sia la posizione ufficiale della Ue: «Chiederemo spiegazioni e ci confronteremo al Consiglio affari esteri del 29 agosto» conclude. L’esecutivo comunque punta a non distanziarsi troppo dalle posizioni di Bruxelles. Aprire fratture interpretative in una fase tanto delicata rischierebbe infatti di essere deleterio. Anche perché tra i fedelissimi di Giorgia Meloni c’è chi è convinto che l’azzardo di Zelensky a Kursk, sia in realtà un tentativo del presidente ucraino di ritagliarsi dei nuovi margini di trattativa con Vladimir Putin. L’obiettivo sarebbe cioè entrare in controllo di alcune porzioni di territorio russo per poi scambiarle con il Cremlino al tavolo di pace.
LE POLEMICHE
L’escalation arriva quando l’Italia ha da poco approvato il nono pacchetto di aiuti a Kiev (un nuovo scudo aereo Samp-T) e in cui aumentano le preoccupazioni — da alcune parti dell’opposizione come i Cinque Stelle — sul rischio che l’esercito ucraino possa colpire i territori russi con le armi italiane. «Tajani e Crosetto sono in possesso di elementi certi per escludere che ad esempio che i cingolati M113, i missili antiaerei Stinger e altri pezzi di artiglieria impiegati in questa offensiva non siano quelli forniti dall’Italia? — chiedono i parlamentari pentastellati — Pretendiamo una risposta chiara su questo». È Crosetto stesso a fugare ogni dubbio: «Le armi che abbiamo fornito noi possono soltanto essere utilizzate dal punto di vista difensivo e quelle che potrebbero essere usate in un altro modo non possono essere utilizzate, quindi non hanno la possibilità per essere impiegate per un attacco in territorio russo. Critiche sono però arrivate anche dai dem. «I passi indietro del governo italiano nel sostegno al diritto alla difesa ucraino sono un pessimo segnale — sostiene il senatore del Pd Filippo Sensi — Per l’Europa, per la tenuta della coalizione internazionale che sostiene la resistenza dell’Ucraina contro la brutale aggressione russa».
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