17.05.2025
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Technology

Videogiochi, petizione europea per salvarli dalla data di scadenza


Forse non tutti lo sanno, ma anche i videogame hanno una data di scadenza. Non proprio tutti, sia chiaro, ma la quantità di titoli che richiedono un accesso a internet anche solo per essere avviati è aumentata esponenzialmente negli ultimi anni. Avere un catalogo che funziona esclusivamente online presenta alcuni vantaggi per gli editori (primo fra tutti il contrasto alla pirateria) ma comporta anche il mantenimento in attività di server che consentano agli utenti di accedere. Server dal costo elevato che non tutti gli editori però sono disposti a sostenere. E c’è così chi sceglie di staccare la spina a quei server dopo solo una manciata di anni, rendendo di fatto i videogame che vi si appoggiano inutilizzabili. E sollevando diversi dubbi sulla legalità di una pratica che priva i consumatori di un bene acquisito regolarmente. 

Per contrastare il fenomeno è attualmente in corso un’iniziativa europea per la preservazione di quelle opere e per la tutela dei consumatori contro gli editori che «uccidono i videogame». La petizione, consultabile collegandosi al sito Ue, si intitola European Citizens Initiative e sarà attiva fino a luglio 2025. Se verrà firmata da un milione di cittadini europei appartenenti ad almeno sette nazioni diverse, inizierà il lungo iter per trasformarsi in legge, imponendo alla fine agli editori «che vendono o concedono in licenza videogiochi ai consumatori all’interno dell’Ue di lasciarli in uno stato funzionale (giocabile)» anche a fine vita, cioè quando i server vengono spenti o lo studio chiude i battenti, settando così un precedente storico per l’industria. A lanciare l’iniziativa è lo youtuber Ross Scott (350mila iscritti), che ha anche co-fondato il portale Stop Killing Games. Scott paragona la pratica degli editori che chiudono anticipatamente l’accesso ai giochi agli studi cinematografici che, durante l’era del cinema muto, «bruciavano i propri film dopo la proiezione per recuperare l’argento della pellicola», sottolineando come «ora la maggior parte di quei film sono spariti per sempre». La conservazione dei giochi è sicuramente una priorità per questi attivisti del digitale, così come lo è la protezione dei consumatori. L’Ue d’altronde si è già mossa in passato contro l’obsolescenza programmata – perché è di questo in fondo che stiamo parlando – approvando lo scorso 21 novembre, con 590 voti favorevoli, 15 contrari e 15 astensioni, la nuova normativa per il rafforzamento del diritto alla riparazione, mettendo il punto a una battaglia durata decenni. E se questa nuova petizione dovesse finire al vaglio di Bruxelles, l’esito potrebbe non essere molto diverso. D’altronde la questione tocca da vicino i consumatori europei, che hanno pagato per un prodotto e dovrebbero potervi accedere senza la minaccia costante di un black out improvviso.

Ma attualmente non esiste alcun ricorso legale per episodi simili, ormai sempre più frequenti. Solo nel 2023 abbiamo visto quasi una dozzina di titoli (tra cui Battlefield: Bad Company 1 e 2, Battlefield 1943 e Call of Duty: Warzone) andare incontro a una fine prematura. Il 6 novembre EA Sports ha chiuso i server di Fifa 18, 19, 20 e 21. È ancora possibile giocare in single player, ma le modalità che hanno reso la serie popolare (Stagioni e Ultimate Team, dove è possibile anche effettuare acquisti a pagamento) non sono più disponibili. Ubisoft lo scorso dicembre ha rimosso The Crew dagli store digitali, chiudendo definitivamente i server il 31 marzo. Il caso ha fatto scalpore perché il colosso francese non si è limitato a rendere il titolo inaccessibile ma ha anche revocato le licenze digitali agli utenti, che non hanno così più legalmente il diritto di possedere una copia del gioco acquistato regolarmente e settando così un pericoloso precedente. 

Nel luglio dello scorso anno, la Video Game History Foundation ha pubblicato uno studio sulla disponibilità commerciale dei videogame negli Stati Uniti, e ha scoperto che solo il 13% di tutti i titoli mai pubblicati è disponibile sul mercato attuale. Il restante 87% viene considerato inaccessibile. L’iniziativa al vaglio dell’Ue potrebbe porre fine al problema, ma rimane da capire quale metodo verrà adottato. La soluzione più ovvia sembra essere la rimozione della dipendenza online per questi titoli, quantomeno alla fine del loro ciclo vitale, limitando così il problema della pirateria. Oppure, come propone la petizione, consentire agli utenti di poter mantenere vivo il gioco attraverso l’uso di server privati, come è già successo per alcuni titoli (City of Heroes e Knockout City) rimasti attivi anche dopo che il publisher aveva chiuso per sempre i server.

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