18.05.2025
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Politics

«Un processo alla politica». Dopo 86 giorni revocati i domiciliari all’ex governatore


Varca il cancello della sua villa di Ameglia, nello spezzino, in cui è rimasto recluso per 86 giorni. Si concede qualche battuta («ancora dietro le sbarre no, non va bene», scherza ammiccando all’inferriata: «E nessuno dica che sono vestito a strisce»). E sorridente saluta la selva di telecamere: «È stata messa in discussione l’autonomia della politica. Qualcosa che dovrà far discutere le aule della giustizia e quelle della democrazia». È di nuovo libero, Giovanni Toti. Dopo quasi tre mesi ai domiciliari, ieri il gip di Genova Paola Faggioni ha firmato la revoca della misura cautelare per l’ormai ex governatore ligure, arrestato il 7 maggio scorso insieme all’imprenditore portuale Aldo Spinelli (che invece resta ai domiciliari).

L’ORDINANZA

Una decisione che come spiegato dalla stessa procura genovese e riconosciuto nell’ordinanza del gip, è stata resa possibile in sostanza alle dimissioni di Toti da presidente. Un passo indietro che per i magistrati avrebbe «sensibilmente affievolito» le esigenze cautelari, facendo venir meno il rischio di reiterazione del reato «nonostante l’estrema gravità delle condotte criminose».

Ed è proprio questo aspetto, la scelta di fatto tra la libertà o il continuare il mandato elettorale, contro cui punta il dito Toti nel suo primo post social dall’arresto. L’inchiesta genovese per corruzione elettorale e voto di scambio è «un processo alla politica», scrive l’ex governatore: «Ai finanziamenti, trasparenti e legali, agli atti, anch’essi legali e legittimi, che abbiamo ritenuto necessari e utili a far crescere la nostra terra». Un nodo che «spero sia oggetto di vera e definitiva riflessione della politica», avverte, almeno «di coloro che non ritengono di usare opportunisticamente la giustizia a scopo politico». Cioè il centrosinistra, che aveva chiesto le dimissioni con una manifestazione di piazza «festeggiando l’aiuto arrivato» dalla procura. «Mai come in questo caso – prosegue lo sfogo di Toti – l’autonomia della politica, la sovranità popolare, il suo finanziamento trasparente» sono stati «al centro del confronto tra la giustizia e il potere sovrano del popolo». Ed è il ruolo di primo piano della democrazia che rivendica l’ex governatore: «I magistrati interpretano le leggi, ma la politica quelle leggi le fa». E «l’autonomia della politica, come quella della giustizia, dovrebbero essere un patrimonio di tutti».

Infine l’appello ai liguri che dovranno tornare al voto (il 27 e 28 ottobre, sempre che non intervenga un decreto del governo per accorpare l’appuntamento con le urne in Emilia Romagna e Umbria a metà novembre). «Ora – chiude Toti – tocca ai cittadini decidere» se «andare avanti con la Liguria protagonista che abbiamo costruito o consegnarla alla cappa grigia dell’ipocrisia, del sospetto, dell’immobilismo, della doppia morale».

IL NODO CANDIDATO

Già, il voto d’autunno. Fronte caldo per il centrodestra ancora in cerca di candidato. Ieri una foto rilanciata dallo staff di Matteo Salvini faceva pensare a un possibile ripensamento del suo vice alle Infrastrutture Edoardo Rixi, che il capo del Carroccio avrebbe voluto schierare per il dopo Toti ma che fin dal primo giorno si è chiamato subito fuori. «Incontro al Mit tra il vicepremier Salvini, il viceministro Rixi e il sindaco di Genova Marco Bucci», recitava il dispaccio leghista: «L’occasione per fare il punto della situazione sulle infrastrutture le potenzialità del capoluogo ligure». E invece «nessun tema politico», mette in chiaro chi c’era: «Non si è parlato di candidatura». Rixi, insomma, non pare aver cambiato idea. Non ancora, almeno. E così va avanti lo scouting di un «civico». Compito arduo. Perché sia il presidente dell’ordine dei medici di Genova Alessandro Bonsignore, sia il numero uno della fondazione Palazzo Ducale Beppe Costa si sono chiamati fuori. Così come il rettore dell’ateneo genovese Federico Delfino. E anche Ilaria Cavo, l’ex giornalista Mediaset oggi deputata “totiana”, già assessora in entrambe le giunte Toti, avrebbe informalmente già declinato. Per ora quindi si continua a guardarsi intorno, partendo dal mondo dell’imprenditoria ligure.

Nel frattempo il centrosinistra, alle prese con gli imbarazzi del caso Ermini (l’ex vicepresidente del Csm del Pd che ha accettato la presidenza della holding del gruppo Spinelli per poi lasciare la direzione del partito) accelera su Andrea Orlando. L’ex ministro ha di fatto incassato il sì dei Cinquestelle. Restano però i malumori di pentastellati e Avs sull’ingresso in coalizione Italia Viva, che a Genova fa parte della giunta di centrodestra di Bucci. Matteo Renzi intanto fa il grillo parlante e ricorda la scoppola lucana di tre mesi fa, causata dalle divisioni del centrosinistra: «Non si ripetano gli errori dellla Basilicata», avverte.

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