17.05.2025
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Politics

Autonomia, oltre 333mila firme raccolte in pochi giorni. Perché la corsa va così spedita


Una partenza col botto: sono già oltre 333mila le firme raccolte fino a oggi per il referendum contro l’Autonomia differenziata. In pochi giorni, dall’inizio dell’iniziativa il 26 luglio, è stato raggiunto il 66,73% delle sottoscrizioni necessarie. A questi numeri si aggiungono le migliaia di firme raccolte nei gazebo presenti nelle piazze. L’obiettivo finale è raggiungere 500.000 firme entro settembre, da depositare poi presso la Corte di Cassazione. Ma cos’è esattamente questo referendum e qual è la sua reale utilità?

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Il testo depositato

«Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n.86, ‘Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione’?». È questo il quesito referendario rivolto agli elettori per l’abrogazione della legge sull’Autonomia differenziata. Il provvedimento è stato presentato in Cassazione dai rappresentanti di 34 sigle fra partiti, sindacati e associazioni, tra cui Pd, M5s, Verdi, Sinistra italiana, Iv, +Europa, Partito della Rifondazione Comunista Cgil, Uil, Anpi, Arci e Wwf.

Che cos’è l’Autonomia differenziata?

La legge sull’autonomia differenziata, nota anche come ddl Calderoli, è costituta da 10 articoli in cui si definiscono le modalità con cui le regioni potranno chiedere e ottenere di gestire in proprio alcune delle materie su cui al momento la competenza è dello Stato centrale. Insieme alle competenze, le regioni possono anche trattenere il gettito fiscale, che non sarebbe più distribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive. Tra le 23 materie troviamo anche la tutela della salute. Ci sono poi, l’Istruzione, Sport Ambiente, Energia, Trasporti, Cultura e Commercio Estero. Quattrodici sono le materie definite dai Lep, Livelli Essenziali di Prestazione

I rischi del provvedimento

«E’ il momento di cambiare -si lgge sul sito ufficiale del Referendum — la Legge sull’autonomia differenziata va abrogata perché spaccherà l’Italia in tante piccole patrie, aumenterà i divari territoriali e peggiorerà le già insoppor- tabili diseguaglianze sociali, a danno di tutta la collettività e, in particolare, di lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, giovani e donne». «L’autonomia differenziata fatta dal governo Meloni spacca in due il Paese — ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein — aumenta le disuguaglianze che Sud e aree interne hanno già pagato troppo, ma è una riforma insensata anche per il Nord. Autonomia differenziata vuol dire limitare l’accesso alla salute, alla sanità pubblica, al trasporto pubblico locale, alla scuola pubblica, alle cittadine e ai cittadini a seconda di dove nascono. Non accettiamo che ci siano cittadine e cittadini di serie A e di serie B. La qualità dei servizi va garantita a tutti perché, come dice la nostra Costituzione, c’è un diritto fondamentale», ha concluso Schlein.

Serve?

Dal punto di vista costituzionale, non sarebbe stato necessario ricorrere allo strumento del referendum popolare, poiché già cinque Regioni hanno formalmente richiesto l’indizione di un referendum abrogativo. L’articolo 75 della Costituzione italiana prevede, infatti, che il referendum abrogativo possa essere chiesto da 500mila cittadini oppure da cinque Consigli regionali. E al momento Campania, Emilia Romagna, Toscana, Sardegna e Puglia si sono già fatti avanti. Avendo raggiunto il numero minimo richiesto, il processo può proseguire senza ulteriori adesioni o necessità di un referendum popolare, essendo già soddisfatti i requisiti costituzionali necessari per avviare la procedura.

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