17.05.2025
12 Street, Rome City, Italy
Technology

primi avvistamenti sulle coste italiane. «Crea seri danni all’ecosistema»


Il granchio blu è destinato a non essere l’ultima piaga inferta all’ecosistema marino del litorale romano. Secondo gli esperti che lo stanno monitorando con grande e crescente preoccupazione, per non parlare dei pescatori, un pericolo ancora più grande è rappresentato dal pesce scorpione. Finora alle nostre latitudini era conosciuto solo attraverso i documentari naturalistici. Perché il pesce scorpione o pesce leone «Pterois miles», soggetto preferito per i suoi colori dagli amanti della fotografia subacquea nel Mar Rosso, era conosciuto solo nella parte orientale del bacino del Mediterraneo.

«Ma ora si sono avuti i primi avvistamenti anche sulle coste italiane di Sicilia, Puglia e Calabria – spiega Claudio Brinati, esperto biologo – segnalato per la prima volta in Italia nella Sicilia sud orientale, è una tra le specie più invasive al mondo, nota per aver colonizzato gran parte delle coste atlantiche occidentali con imponenti impatti ecologici. I report che arrivano in particolare dalla Grecia, unitamente alle proiezioni di distribuzione fatte da ricercatori nazionali, ci indicano come il Pesce scorpione potrebbe nel giro di due o tre anni essere presente sulle coste laziali. Per la sua voracità riesce a mangiare un quantitativo di pesce importante rispetto al suo peso, una caratteristica che potrebbe avere un notevole impatto sugli ecosistemi mediterranei alterandone la struttura attraverso la predazione di piccoli pesci che costituiscono la dieta principale di specie autoctone».

L’INCUBO

Un vero incubo perché la voracità della specie, rispetto al granchio blu, è ancora più impattante per la fauna ittica. «La presenza di specie non tipiche del Mediterraneo è dovuta a fenomeni sia di tipo naturale, sia al trasferimento generato dall’uomo con le sue attività economiche – precisa Brinati – e se per il granchio blu il suo arrivo nel nostro mare è stato causato dal trasporto diretto, lo spostamento di un gran numero di ulteriori specie aliene o meglio alloctone è stato generato spontaneamente a causa dell’apertura del collegamento con il Mar Rosso tramite il Canale di Suez e il contestuale riscaldamento del Mediterraneo».

I dati scientifici con tanto di segnalazioni georeferenziate indicano 221 specie non tipiche presenti nel bacino del Mediterraneo ponendo in evidenza come una tale situazione possa comportare un rischio di collasso per i nostri ecosistemi. «In questo contesto il granchio blu, pur presente nel Mar Mediterraneo fin dal 1948 – rivela il biologo – negli ultimi anni, a causa probabilmente di variazioni climatiche e ambientali, ha potuto proliferare in maniera importante tanto da mettere a rischio le popolazioni selvatiche autoctone e gli allevamenti dei molluschi, in maniera prevalente nel nord adriatico, ma la sua presenza è sempre maggiore anche sulle coste del Lazio. Nonostante la sua presenza fosse conosciuta da anni, mai si era paventato un rischio legato a un’esplosione demografica così repentina e ora l’ecosistema è in difficoltà».

I DATI

Così sulla base degli ultimi dati, si stanno moltiplicando gli studi e le proiezioni sulle specie che nei prossimi anni potrebbero arrivare sulle nostre coste impattando gli ecosistemi, le attività ittiche e di allevamento. E tra queste c’è proprio il pesce scorpione, l’incubo dei pescatori. Dal 14 al 18 ottobre 2024 a Palermo, nell’ambito del congresso della Commissione internazionale per l’esplorazione scientifica del mar Mediterraneo (Ciesm), il più importante incontro di esperti, in una sessione dei lavori dedicata alle specie «aliene» si tenterà di elaborare nuove strategie da mettere in atto per contenere questo predatore.

LE SEGNALAZIONI

«Parlare oggi di questa specie potrebbe sembrare eccessivamente allarmistico in quanto le segnalazioni sulle coste italiane sono ridotte a poche unità – chiosa Brinati – ma per le caratteristiche della specie, per non incorrere nei rischi di un nuovo granchio blu, sarebbe opportuno che gli organi decisionali istituzionali cominciassero in accordo con le comunità scientifiche ad affrontare preventivamente il problema. Studiando metodiche che possano contenere la possibile esplosione demografica, riducendo i rischi per i nostri ecosistemi mediterranei e le specie oggetto della pesca».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leave feedback about this

  • Quality
  • Price
  • Service
[an error occurred while processing the directive]