18.05.2025
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Politics

«L’Ue non boccia la riforma. Il Colle? Avrà più poteri»


Ministra Maria Elisabetta Casellati, diversi costituzionalisti e l’ufficio studi di Montecitorio, sulla riforma del premierato segnalano criticità come il voto degli italiani all’estero o la possibilità che con due Camere elettive ci possano essere due diverse coalizioni vincenti. Come interverrete?

«Nessuna legge è perfetta e tutto è strumentalizzabile. Ma le criticità prospettate mi appaiono francamente cervellotiche in assenza di una proposta di legge elettorale ancora in fase di elaborazione, che fornirà tutte le soluzioni ai problemi esposti. Del resto, la legge elettorale va pensata non in astratto, ma con riferimento alla scelta della nuova forma di Governo».

La norma anti-ribaltone avrebbe delle zone d’ombra. A partire dall’ipotesi in cui il premier eletto, prima di aver ottenuto la fiducia delle Camere, rifiuti l’incarico conferitogli dal presidente della Repubblica.

«Non sono d’accordo. Si richiama l’ipotesi del tutto eccezionale del secondo Premier. Il Presidente del Consiglio eletto, in caso di dimissioni, può sciogliere le Camere o passare la palla ad un parlamentare eletto in collegamento con la sua lista; previsione voluta proprio per evitare ribaltoni, trasformismi, giochi di palazzo. Sarebbe surreale pensare ad una decisione che fa capo al Premier non concordata con la propria maggioranza».

Una modifica del testo spingerebbe i tempi del referendum al limite della legislatura o all’inizio della prossima. La maggioranza sta prendendo tempo?

«I tempi li determina il Parlamento, che è il luogo naturale del dibattito politico».

Il tentativo di dialogare con l’opposizione non pare funzionare. Pd, M5s e Avs continuano a sostenere che il premierato indebolirebbe la democrazia.

«Se le opposizioni volessero il dialogo, avrebbero presentato proposte alternative o abbassato la temperatura del confronto politico. La loro è la battaglia del “no”, la battaglia di chi vuole lasciare tutto come è, anche se il sistema di governo non funziona e da 40 anni, da destra e da sinistra, si cerca di modificarlo. È indubbio che l’impianto della riforma rafforzi la democrazia. L’elezione diretta del Presidente del Consiglio, che rende i cittadini più protagonisti nel momento del voto, in cui sceglieranno non soltanto i parlamentari ma anche chi li governerà, è accompagnato da un sistema di “pesi e contrappesi”. Il Parlamento ha il ruolo politicamente più rilevante di dare e di revocare la fiducia, come dice il Professor Barbera, attuale Presidente della Corte costituzionale. Il Capo dello Stato mantiene intatte tutte le sue prerogative, anzi i poteri di garanzia e di controllo vengono rafforzati. Non c’è quindi nessun pericolo di deriva autoritaria, nessuna lacerazione del tessuto istituzionale, nessuna rottura dell’ordine repubblicano. Stupiscono le strumentalizzazioni di questi giorni sul report della Commissione Europea. È falso che abbia bocciato la riforma del Premierato perché si è limitata a fotografarne i tratti in maniera marginale e a raccontare, in 2 righe di un documento corposo, i dubbi frettolosi di un costituzionalista, che ha parlato a titolo personale».

Da sciogliere resta il nodo della legge elettorale. Il presidente La Russa sembra suggerire il modello siciliano.

«Sto mettendo a terra vari sistemi elettorali per verificare quello che è più armonico con il Premierato. Il modello siciliano è un’ipotesi che va considerata. Prevede una soglia minima di consenso del 40%. Soglia criticata aspramente dalle opposizioni come insufficiente per il Premierato, a dispetto della giurisprudenza della Corte costituzionale. Nel Regno Unito, la cui forma di governo costituisce il paradigma mondiale delle democrazie parlamentari, il Premier domina il Parlamento gestendo persino l’ordine dei lavori senza alcun controllo da parte del Re. Il laburista Starmer ha vinto con il 33,7% dei voti conquistando il 65% dei seggi. Le opposizioni in Italia hanno “brindato” a questo successo senza invocare lo spauracchio di derive autoritarie. È evidente che siamo in presenza di due pesi e due misure».

Andranno modificati anche i regolamenti delle Camere?

«Ritengo che sia opportuno modificare i regolamenti per ridare centralità al Parlamento e salvaguardare i diritti dell’opposizione».
 

Lei ha lavorato al Dl Roma Capitale. A che punto siamo? E che tipo di risorse immagina saranno destinate a Roma?

«È un disegno di legge in itinere. È prematuro parlare di contenuti e tempi e quindi anche di risorse».

Qualche settimana fa Giorgia Meloni ha dichiarato che la prossima riforma sarà “della burocrazia”. Da dove si potrebbe partire?

«Io credo che si possa partire dalla semplificazione normativa che elimina passaggi inutili, tempi lunghi, mancanza di certezza circa i diritti e i doveri. Grandi potenzialità italiane possono essere vanificate perché si perdono nei meandri della burocrazia, che fra l’altro, ha rilevanti costi economici».

Il governo sta portando avanti anche la riforma della giustizia in un clima non certo conciliante.

«La riforma della giustizia è necessaria per rendere più moderno il nostro Paese. Del resto, la Banca Mondiale misura l’efficienza economica degli Stati dalla velocità di risposta di giustizia ai cittadini».

Anche l’autonomia differenziata è finita nel mirino. Lei è tra i garanti di FI su risorse e materie: le Regioni possano stare tranquille?

«Sono ottimista. Autonomia differenziata significa migliore allocazione delle risorse in un quadro di coesione nazionale e di uguali servizi al nord come al sud. È stata approvata una “legge cornice”. Ci saranno poi altri passaggi per definire i lep e le intese tra Stato e Regioni».

Forza Italia sembra pronta ad avviare una nuova stagione, nel mirino ci sarebbe un allargamento al centro. È questo il futuro azzurro?

«Forza Italia è un partito che si è rivelato anche nelle ultime competizioni elettorali, regionali ed europee, fortemente attrattivo. Come dice Tajani, ricordando Battiato, siamo “un centro di gravità permanente”».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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