17.05.2025
12 Street, Rome City, Italy
Politics

i rilievi Ue sullo Stato di diritto in Italia


Faro della Commissione europea sulla giustizia, gli equilibri istituzionali e la libertà di informazione in Italia e nel resto dell’Ue. L’esecutivo di Bruxelles ha pubblicato, ieri, per il quinto anno consecutivo, le sue pagelle sul rispetto dei principi dello stato di diritto nei 27 Stati membri e, per la prima volta, in 4 dei Paesi dei Balcani candidati all’adesione. Lo ha fatto appena archiviata la stagione elettorale, «così da dare a questo rapporto la visibilità che merita», ha risposto la vicepresidente Vera Jourová a chi ha semmai collegato il rinvio di un mese con l’opportunità di non irritare i governi prima della riconferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione. «La relazione — ha detto Jourová — non critica né elogia nessuno», ma è «uno strumento preventivo» per favorire il dialogo e sensibilizzare l’opinione pubblica sulla tenuta democratica dell’Ue.

LE RACCOMANDAZIONI

Tuttavia, ci sono alcuni Paesi che se la passano peggio di altri: è il caso dell’Italia, per cui Bruxelles stila una lista di 6 raccomandazioni, aggiungendone di nuove (sul servizio pubblico) a quelle datate 2023. Nel dettaglio, si invita Roma ad adottare un registro per le lobby e approvare la proposta legislativa sul conflitto d’interesse, a creare un’istituzione nazionale per i diritti umani, e a risolvere il “buco nero” della trasparenza rappresentato dalle fondazioni politiche che finanziano le campagne elettorali, istituendo un registro unico sui fondi ai partiti. Il pressing continua in nome della tutela dei giornalisti — compresa la riforma del reato di diffamazione -, e per garantire più risorse economiche e maggiore indipendenza alla Rai. Tra le note positive, il lavoro, da portare avanti, sulla digitalizzazione della giustizia penale. Nei documenti che accompagnano i “compiti a casa”, spazio ad alcuni rilievi Ue che fanno eco alle preoccupazioni espresse nelle consultazioni con la società civile: dall’eccessivo ricorso ai decreti legge che depotenzia il Parlamento (siamo in compagnia di Francia ed Estonia) alla riforma del premierato, che rischia di intaccare «il sistema di pesi e contrappesi istituzionali», fino all’abrogazione dell’abuso d’ufficio e alla limitazione la fattispecie del traffico d’influenze illecite, il che «potrebbe avere implicazioni per individuare e indagare frodi e corruzioni»; mentre «le modifiche proposte alla prescrizione potrebbero ridurre il tempo a disposizione per i procedimenti penali, compresi i casi di corruzione». Pronta la risposta del governo ricorda come «si tratti di un esercizio periodico che viene condotto ogni anno e che non riguarda solo l’Italia ma tutti e Ventisette gli Stati membri, per ciascuno dei quali viene redatto uno specifico “capitolo-Paese”».

Se per la “nuova” Polonia di Donald Tusk si certifica la schiarita («Non si vede più il rischio di una seria violazione»), l’Ungheria di Viktor Orbán continua a essere la pecora nera: Budapest, ha chiosato il commissario alla Giustizia Didier Reynders, ha «un vero e proprio problema sistemico sullo stato di diritto». Preoccupa, anche se non ancora a livelli di allarme, la Slovacchia, dove ad esempio il governo ha chiuso l’emittente pubblica per sostituirla con una allineata alla maggioranza “rossobruna” di Robert Fico. La Germania è bacchettata per le regole troppo permissive sulle “porte girevoli”, cioè il fenomeno per cui i politici si reinventano consulenti per lobby, aziende o altre organizzazioni al termine del mandato. Qualche grana pure per la Spagna, dopo l’approvazione dell’amnistia per gli indipendentisti catalani, provvedimento che è stato «oggetto di grandi controversie», e che potrebbe avere ricadute sulla lotta anticorruzione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leave feedback about this

  • Quality
  • Price
  • Service
[an error occurred while processing the directive]