ROMA Chissà se verrà ricordata come «la foto dell’Aquila». Lo scatto che da solo vale a cementare un’alleanza. Perché sarà pur vero che la svolta era nell’aria da un po’ (almeno dal giorno dopo le Europee). Ma la conferma plastica di quanto si stava muovendo nel centrosinistra è arrivata sul campo della Partita del cuore, con quell’abbraccio con cui Elly Schlein e Matteo Renzi hanno festeggiato il gol della segretaria Pd su assist dell’ex premier. Ed ecco che ora il senatore fiorentino archivia definitivamente il progetto del Terzo polo, e torna a fare l’occhiolino ai dem. E soprattutto, mette sul tavolo una proposta alla loro leader: Elly, torniamo a fare gol insieme. Stavolta contro il centrodestra. E il “capitano”, ossia il candidato premier, puoi essere tu.
Renzi: «Io, Elly e l’abbraccio in campo: l’alleanza è possibile, anche con Conte. La stagione dei veti è finita»
LA MOSSA
La mossa è studiata. E rappresenta l’approdo di settimane di abboccamenti tra Renzi e gli sherpa schleiniani, in primis Francesco Boccia. Ma pure con il “pontiere” indipendente eletto nelle file dem Pier Ferdinando Casini. Dice Renzi in un’intervista al Corriere: è ora di costruire «un centro che guardi a sinistra, per dirla con De Gasperi». Tradotto: che si allei con il Pd, ma anche con i Cinquestelle e Verdi-Sinistra per battere la premier. «Non solo è possibile – rilancia – ma è anche l’unica alternativa per evitare che ci teniamo per lustri Giorgia Meloni».
È il campo largo che non riuscì a Letta («Enrico aveva messo un veto su di noi, Elly l’ha tolto», spiega Renzi). Anzi, larghissimo. Da mettere in piedi prima delle prossime politiche, che secondo l’ex premier arriveranno prima della fine naturale della legislatura nel 2027. E in caso di vittoria, sostiene il senatore fiorentino, il premier può farlo Schlein. «Il o la leader del partito che prende più voti nella coalizione», le sue parole: «Un federatore non serve». In pratica, un riconoscimento a tutto campo della guida della timoniera del Nazareno. E della sua linea testardamente unitaria, «non mettiamo veti e non vogliamo subirne». E infatti Schlein non risponde, ma gongola.
Tace, la segretaria, per non indispettire gli altri alleati. Ma anche per non esporsi alle decine di suggerimenti non richiesti che un minuto dopo le recapiterebbero i suoi fedelissimi. Del tipo: «Non ti fidare, ha già fatto uno sgambetto a Conte e potrebbe farlo anche con te». O ancora: «Ci fa perdere più voti di quelli che ci porta». Lei non ha cambiato idea: per battere la destra c’è bisogno di tutto l’aiuto necessario, il fronte può (e deve) allargarsi anche a Renzi.
IL NODO
Poi però c’è l’elefante nella stanza, il nodo del programma. A cominciare da capitoli spinosi come la giustizia, su cui il Pd di Schlein e i centristi di Iv hanno notoriamente idee diverse. Un problema sollevato pure dagli ex renziani dem di Base riformista. Bene l’apertura, ragionano, ma serve un «programma comune» per presentarsi ai cittadini come «credibile proposta di governo di centrosinistra». E come si fa? Con un «cantiere programmatico» e con «un contratto alla tedesca», risponde Renzi. A cominciare dal no all’autonomia differenziata, contro cui oggi partiranno i banchetti per raccogliere le firme. Ci sarà pure Iv.
Intanto chi non tace è Giuseppe Conte. Che accoglie l’apertura sbattendo la porta in faccia al potenziale partner: «Finora si è vantato di avermi mandato in piena pandemia, e oggi dice che sono un interlocutore privilegiato? La politica per noi è una cosa seria», sferza l’avvocato. E aggiunge: «Sull’affidabilità degli alleati non facciamo sconti».
Anche Carlo Calenda non la prende bene. Il campo largo «non è il nostro percorso». E poi, velenoso: «Renzi diceva di voler fare il partito dei liberaldemocratici, si proclamava erede di Berlusconi, poi andava con la Bonino e ora dice che va bene con i 5 Stelle. Matteo è una persona intelligente e abile, ma se deve allearsi con i nazisti dell’Illinois o con i marxisti-leninisti, lo fa». Pure dentro Iv la svolta genera sconquassi. Con Luigi Marattin (aspirante candidato al prossimo congresso del partito renziano con l’obiettivo di far rinascere il Terzo polo) che avverte: «La scelta deve passare dagli iscritti».
Tutto avviene mentre in casa Pd c’è chi pensa ad altro, ossia al malumore per i ruoli apicali mancati a Bruxelles. Perché i dem, pur essendo diventati la prima delegazione dei socialisti all’Eurocamera, incassano meno posti chiave rispetto a cinque anni fa. E qualche riformista si lamenta mettendo nel mirino tutto il Nazareno, compreso Stefano Bonaccini che ha seguito le trattative in quanto presidente del partito ed eurodeputato: «Una partita che abbiamo giocato male». Scherza qualcun altro minimizzando l’accaduto: «Per placare le zizzanie, nel Pd ci vorrebbe una Partita del cuore a settimana». Forse pure nel centrosinistra. La prossima, magari, con un abbraccio Renzi-Conte.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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