Compromesso sul filo di lana tra governo e Regioni per evitare lo scontro sul provvedimento per abbattere le liste d’attesa. Nelle ore successive alla presentazione del decreto, oltre un mese fa, l’assessore alla Sanità dell’Emilia-Romagna, Raffaele Donini (che nella conferenza delle Regioni presiede la commissione salute) avvertì: «L’ispettorato di controllo al Ministero, previsto dal decreto, invade le competenze delle Regioni. Faremo ricorso alla Corte costituzionale». L’Emilia-Romagna è governata dal centrosinistra e dunque all’inizio si era pensato ad uno scontro politico. Ma quando la conferenza delle Regioni, nei giorni scorsi, ha espresso parere negativo, lo scenario è cambiato. Anche perché la maggioranza delle Regioni è governata dal centrodestra. E le critiche sono partite soprattutto da quelle a guida leghista. Il provvedimento deve essere convertito in legge entro il 6 agosto, ma alla commissione Affari sociali del Senato il percorso si è arenato proprio per questo scontro, tanto che l’esame degli emendamenti previsto per lunedì è slittato. Il presidente della Conferenza Stato Regioni, Massimiliano Fedriga, e il ministro della Salute, Orazio Schillaci, hanno cercato una mediazione, anche se resta un quesito: perché si è aspettato l’ultimo momento per trovare un correttivo? Alla fine il relatore della legge, il senatore Ignazio Zullo (FdI), ha presentato una riformulazione del contestato articolo 2. Il ministero della Salute non avrà più potere ispettivo e di controllo sulle liste d’attesa, ma saranno le Regioni a nominare il responsabile unico regionale dell’assistenza sanitaria che dovrà vigilare. In caso di inadempienza, allora potrà intervenire il Ministero della Salute, affidandosi anche ai Nas dei carabinieri. La Lega canta vittoria: «Accolte le osservazioni delle Regioni, risultato importante». Ma secondo Donini «si tratta di un passo in avanti, esistono però ancora molti problemi da risolvere a partire da quello delle risorse che mancano». L’opposizione contesta: non ci sono soldi. Si punta a usare ciò che è già stato stanziato in passato (500 milioni di euro) e quanto è previsto dal fondo sanitario, ma non ci sono risorse aggiuntive. Questo rende complicato applicare alcuni dei punti chiave del decreto: si parla dell’ampliamento degli orari per esami, analisi e visite specialistiche sia alla sera sia nei fine settimana, ma come si coprono questi costi aggiuntivi? Ieri mattina il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha spiegato a proposito del braccio di ferro con le Regioni e della corsa per la conversione in legge del decreto: «Andrà tutto bene, dateci un po’ di tempo».
Le liste di attesa — vale a dire il tempo eccessivo necessario per ottenere l’appuntamento per effettuare un esame o una visita specialistica — sono un macigno che pesa sulla sanità italiana, con sfumature differenti da regione a regione, da molti anni. Prima delle elezioni europee, il ministro Schillaci aveva presentato come rivoluzionario il provvedimento che prevede anche una piattaforma di verifica a livello nazionale dei tempi di attesa e sanzioni alle aziende sanitarie che non migliorano il servizio. E aveva puntato molto sull’ispettorato come forma di controllo contro l’inerzia delle Regioni e delle Asl. Lo scontro con i governatori però ha rischiato di fare naufragare queste misure. Ieri il presidente della Commissione Affari Sociali del Senato, Francesco Zaffini (FdI), quando alle 17 è ricominciato l’esame degli emendamenti, compreso quello di modifica dell’articolo 2, ha annunciato: «Andremo a oltranza». Il testo deve arrivare oggi al Senato per l’approvazione, visto che poi sarà necessario anche il passaggio alla Camera.
CRITICHE
Il Pd ha convocato una conferenza stampa sul rischio di impasse con la segretaria, Elly Schlein, che ha osservato: «Non vedo alcuna convergenza con la Lega. Sono andati in testacoda tra di loro. Pretendiamo da questo governo che trovi le risorse per non vedere smantellata la sanità pubblica. Siamo passati dal decreto fuffa, vuoto, per la campagna elettorale, al decreto zuffa». Dalla maggioranza, il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, spiega: «Il provvedimento sulle liste d’attesa sarà modificato, ma Forza Italia si farà carico in futuro di avanzare una proposta più impegnativa e più ampia di riforma della sanità». Nel caos di queste ore, tra gli emendamenti di maggioranza che erano stati presentati nei giorni scorsi è stato dichiarato inammissibile quello sull’innalzamento fino a 72 anni, su base volontaria, dell’età pensionabile del personale sanitario.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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