17.05.2025
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Politics

Meloni tratta con Ursula Von der Leyen: ipotesi super-commissario


ROMA Nulla è scontato nel day-after delle grandi manovre della destra europea, che domani partoriranno il gruppo sovranista dei “Patrioti”. Le Pen, Salvini, Orban, a sorpresa anche gli spagnoli di Vox, sottratti a Giorgia Meloni che rimane invece alla porta. Bisogna ripartire da questo colpo di scena, per capire che fine faranno le trattative italiane sulla prossima Commissione europea e sul voto per un bis a Ursula von der Leyen.

Meloni, confronto al telefono con Salvini. Dai blitz sui balneari alle politiche Ue, Ursula tratta con la leader Fdi

LA SVOLTA

Fino a pochi giorni fa, a Palazzo Chigi prevaleva un cauto ottimismo. Certo, il voto all’Europarlamento del prossimo 18 luglio è segreto e politicamente insidioso per Fratelli d’Italia e la famiglia conservatrice guidata da Meloni. Ma alla fine, in cambio di un commissario di peso e un riconoscimento ufficiale del ruolo italiano, avrebbe vinto la realpolitik.

Ursula, forse fin troppo ottimista, contava già come suoi i 24 voti dei meloniani a Strasburgo. E invece ora si riparte dal via. La premier è infuriata per il tradimento di Santi Abascal e Vox, già alleati di ferro di “Yo soy Giorgia”, ora traslocati nel nuovo gruppone sovranista a guida lepeniana, che ieri ha incassato l’adesione dei sovranisti danesi del Dansk Folkeparti (Df), fuoriusciti da Identità e democrazia.

Meloni si è fatta sentire in una dura telefonata allo spagnolo, preceduta da contatti fra le pattuglie di eurodeputati di Vox e FdI. «Adesso un voto a favore di Ursula può avere un prezzo politico altissimo», spiega chi consiglia da vicino la presidente del Consiglio. Preoccupata di rimanere scoperta a destra, di lasciare campo libero al rassemblement sovranista in cui milita e si agita il vicepremier e capo della Lega Matteo Salvini.

Se Meloni è preoccupata, figurarsi von der Leyen: la presidente uscente sta pattinando su gusci d’uovo. Il pallottoliere non le sorride: il 18 luglio, salvo colpi di scena, si recherà nell’aula dell’Eurocamera contando su una maggioranza di una quarantina di voti. Pochi, anzi pochissimi: sono meno dei franchi tiratori che dalle fila dei suoi stessi Popolari come a sinistra, cinque anni fa, provarono a impallinarla, mancando il bersaglio di un soffio.

Ha bisogno come il pane, von der Leyen, dei voti di Meloni, e sa che le manovre a destra li stanno allontanando. Sarà per questo che alza la posta. Incontrando una delegazione di Forza Italia al summit del Ppe a Cascais, in settimana, ha confidato: «L’Italia avrà il ruolo che le spetta». Ovvero? Un super-commissario, lo descrive così, con deleghe economiche pesanti che Meloni ritiene imprescindibili per la terza economia europea. Pnrr e Bilancio, dice von der Leyen, ma sul piatto ora mette anche la Concorrenza. Il terreno storicamente più scivoloso per l’Italia, che un anno sì e l’altro anche finisce sotto la tagliola della Commissione con una procedura di infrazione per aver violato le leggi Ue sul mercato.

L’OFFERTA

La concorrenza a Roma: sarà vero? A Palazzo Chigi ci credono poco, «fa campagna elettorale». E la trattativa è ancora in alto mare. Meloni potrebbe incontrare la tedesca a Washington nei prossimi giorni, al summit della Nato, dove sfileranno tutti i leader europei, compresi Macron e Scholz che la premier ritiene impegnati attivamente nell’escludere l’Italia dal tavolo dei negoziati Ue. Nel week end, o a ridosso del voto nell’emiciclo europeo, Ursula si presenterà all’assemblea del gruppo conservatore Ecr, proverà a chiedere un sostegno last minute, con scarse probabilità di successo.

Per i voti italiani, Meloni chiede invece un impegno concreto, misurabile. Da un lato una vicepresidenza esecutiva per Raffaele Fitto, in pole come commissario: significherebbe entrare a pieno titolo nella plancia di comando europea, avere sotto la propria regia una pattuglia di commissari. Come è accaduto ai “falchi” Dombrovskis e Timmermans, poco amati a Roma. Von der Leyen tentenna: vorrebbe dire ufficializzare il sodalizio con Meloni, che invece preferirebbe tenere segreto, dentro l’urna. Uno stallo non da poco. I pontieri sono in campo.

Su tutti Antonio Tajani: il vicepremier azzurro ha sentito nel fine settimana von der Leyen, le ha chiesto di tenere aperto il dialogo con la premier. Veste i panni del pompiere, un’altra volta, e si gode il sondaggio Tecné che lo proietta al secondo posto come leader più apprezzato in Italia, dopo Meloni. Force tranquille. Di certo non è l’unico a trattenere il fiato in queste ore. A tentare di evitare quella che a Chigi definiscono «una crisi istituzionale inedita», cioè la clamorosa bocciatura di un presidente uscente, il Consiglio europeo spaccato, mentre Vladimir Putin si gode lo spettacolo.

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