VIGONOVO — «La famiglia Turetta ci ha contattati chiedendo di perdonare Filippo. Io non ho mai risposto e non nego che, in questo momento, non sono disposto a perdonare». A parlare è Andrea Camerotto, zio materno di Giulia Cecchettin, fratello della madre Monica, venuta a mancare a causa del cancro un anno prima della morte della giovane. Con un messaggio sui social, lo zio di Giulia sfoga la rabbia per le informazioni uscite dai verbali di interrogatorio di Filippo, nei quali descrive le modalità del femminicidio.
I messaggi
“Spero che la tua famiglia ti abbandoni a te stesso — scrive — con i tuoi incubi peggiori. Altrimenti a quel messaggio di sei mesi fa non ha senso che risponda”. Quel messaggio sarebbe la richiesta di perdonare Filippo da parte della famiglia Turetta, che dallo scorso novembre si è chiusa nel silenzio, mantenendo però sempre il rapporto con i Cecchettin. «So che i genitori di Filippo hanno scritto a Gino in occasione delle festività — spiega Camerotto — e che hanno tentato anche con lui un approccio chiedendogli di perdonare il loro figlio. Non so cosa abbia risposto lui ma hanno scritto anche a me e io non ho mai risposto. Non voglio incolpare i genitori di Filippo e credo non voglia farlo nemmeno Gino, spero che il loro sia un tentativo di avvicinamento dettato da un sincero strazio e non un modo per tentare di difendere l’indifendibile per alleggerire la posizione del loro figlio. Il perdono arriverà nel momento in cui non tenteranno di portare Filippo fuori dal carcere o comunque di non fargli scontare la pena che gli spetta. Devono appoggiare al 100% la nostra famiglia, solo in quel caso potremo parlare di perdono».
«Giulia vive»
Andrea Camerotto non vuole commentare le agghiaccianti informazioni rivelate da Filippo Turetta nell’interrogatorio. Lui, come il resto della famiglia, sta cercando di trasformare la tragedia in qualcosa di positivo, che possa essere d’aiuto alle “altre Giulie”. « Non vogliamo ricordare Giulia nelle immagini delle telecamere della Nave de Vero, accanto al suo assassino — continua Camerotto -. Per noi Giulia è nelle foto che aveva mandato alla sorella quella sera, quando si era provata i vestiti che avrebbe dovuto indossare per la sua laurea. Era così contenta. Custodiamo quelle immagini come solo una famiglia sa fare». Le ultime immagini di Giulia al centro commerciale, ignara di ciò che l’aspettava, e il racconto delle fasi della sua morte riaprono nella famiglia ferite mai chiuse. «Non è piacevole per la nostra famiglia leggere certi particolari -conclude Camerotto -. Gino sa sicuramente di più di me ma io non mi permetto di chiedergli se lui per primo non se la sente di parlare. L’importante per noi ora è avere fiducia nella giustizia e guardare avanti, come sta facendo Gino con la fondazione in nome di Giulia».
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