«Fatico a capire che lingua parla. Ma che film sta vedendo, la premier? Vive in un altro Paese». Duellano a distanza, Giorgia Meloni ed Elly Schlein. La prima, dal palco romano di Piazza del Popolo, cala l’asso sulle liste d’attesa? L’altra, da Milano, le risponde per le rime: «In un anno e mezzo che governa, Meloni sta cancellando la libertà delle persone. Perché se hai un salario da fame mentre lei blocca il salario minimo, se non riesci a curarti perché tagliano la sanità pubblica, non hai piena libertà in questo Paese», suona la carica la leader dem. Bollando tutto il resto come una «arma di distrazione di massa» sventolata dalla leader di Fratelli d’Italia, mentre «noi – affonda – continuiamo a inchiodare questo governo su una gigantesca questione sociale e salariale che Meloni invece cerca di eludere». Le fa eco la capogruppo dem a Montecitorio Chiara Braga: «Le liste d’attesa? Tutte promesse non mantenute: anche oggi Meloni le abbatte domani».
La sfida
Si vedrà. Intanto quel che va in scena, in un sabato quasi estivo tanto a Roma quanto a Milano, è la disfida delle piazze. Quella della segretaria convocata sotto l’arco della Pace, in piazza Sempione, non troppo distante dalla manifestazione di Salvini e Vannacci sotto la Madonnina. E quella della premier, a cui Schlein replicherà oggi con un’altra iniziativa a Testaccio contro premierato e autonomia (anche se volutamente in tono più felpato, per non irritare il Colle nel giorno della festa della Repubblica). Ma soprattutto è la disfida di due letture contrapposte, anche sui numeri. A cominciare, proprio, da quelli sulla Sanità, nelle ultime settimane terreno di scontro prediletto tra Elly e Giorgia. «I fondi sono diminuiti», va all’attacco la prima, che cita i dati in rapporto al Pil: «Mai stati così tanti», replica l’altra, che invece si concentra sul «record» dei 134 miliardi destinati alla Salute.
È il terreno di gioco su cui la leader del Nazareno ha scelto di puntare. Lanciando pure una proposta di legge ad hoc in ottica Europee, ribattezzata — non a caso — legge Schlein: destinare il 7,5% del Pil al rilancio delle strutture sanitarie, compresa l’assunzione di medici e infermieri. È la priorità, ribadisce la segretaria dalla tappa numero 108 del suo tour senza sosta su e giù per lo Stivale: «La difesa della sanità pubblica universalistica di questo Paese, con le unghie e con i denti», arringa. Contro «i tagli e la privatizzazione di Giorgia Meloni e del suo governo» e il modello in cui «chi ha il portafoglio gonfio riesce a farsi curare, ma chi non ha i soldi sta rinunciando a farlo».
Sul palco a fianco a Schlein c’è Beppe Sala. Mentre si alternano gli interventi dei candidati del Nord-Ovest alle Europee, dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori all’attivista Cecilia Strada. Dal pubblico intanto partono fischi all’indirizzo di Salvini e Vannacci. «Ma questa piazza è per qualcosa, prima di essere contro qualcosa o qualcuno», si affretta a mettere in chiaro Schlein. E comunque il derby, annunciano dal Pd milanese, l’ha vinto l’adunata dem, con «oltre cinquemila donne e uomini insieme alla nostra segretaria».
Gli attacchi
E poi non è con Salvini che Elly vuole duellare. No: le stoccate sono tutte per l’avversaria Giorgia. «Non ce ne facciamo nulla di una premier donna che non si batte per i diritti di tutte le donne», sferza Schelin. Che rilancia la battaglia contro gli stage gratuiti («non ci paghi l’affitto, se entri precario nel mondo del lavoro resti precario»). E quella contro «il governo che aumenta la precarietà che colpisce giovani e donne» e «non vede quanto incida sulla denatalità di cui parlano tanto». Poi rintuzza la premier sull’antifascismo: «Noi siamo orgogliosi della nostra identità, che è antifascista come lo è la nostra Costituzione, vorrei che lei potesse dire lo stesso, visto che ci ha giurato sopra».
Questo pomeriggio, in piazza Testaccio, il focus invece sarà tutto contro le riforme targate Meloni. Dall’autonomia differenziata al premierato caro alla leader di FdI. La segretaria ha già chiamato a raccolta il popolo dem, esortato a fare un «muro con i nostri corpi» contro la “madre di tutte le riforme”. Viste le dimensioni della piazza, la partecipazione non si annuncia oceanica. Il messaggio però sarà comunque chiaro: ci metteremo di traverso. In un uno contro uno che, la segretaria ne è convinta, la consacra come leader dell’opposizione e finisce per giovarle. In attesa del gran finale: giovedì a Firenze e, soprattutto, venerdì a Padova. Sullo stesso palco di Berlinguer, 40 anni più tardi. Perché non si vive di sola battaglia sulla sanità. E anche i simboli vogliono la loro parte.
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