11.05.2025
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Politics

martedì in Cdm la riforma per abbattere le liste di attesa


Martedì la grande riforma per abbattere le liste di attesa, su cui in più occasioni si sono messi in gioco in prima persona la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il ministro della Salute, Orazio Schillaci, arriverà nel cdm. Le possibilità di ricorrere a un decreto però sono risicate. Come mai? Mancano le risorse. Più esattamente: servirebbero almeno 1,5 miliardi di euro, forse 2, ma negli ultimi giorni i confronti tra Ministeri della Salute e dell’Economia, anche direttamente tra Schillaci e Giorgetti, hanno confezionato una scomoda verità. I finanziamenti disponibili non superano i 300 milioni e questo allontana l’uso del decreto legge, ipotesi che ha causato il disappunto della premier. E ieri nel corso del comizio in piazza del Popolo, a Roma, Giorgia Meloni ha parlato con orgoglio delle misure sulle liste di attesa, ma ha sempre usato, prudentemente, la formula generica del «provvedimento». Significa che invece del decreto, si potrebbe ricorrere al disegno di legge. Cosa cambia? Cambiano i tempi. Un decreto renderebbe operativa in due mesi la riforma molto attesa dai cittadini che aspettano molto tempo per una visita o un esame e non di rado rinunciano a curarsi. Un disegno di legge ha i tempi diluiti del dibattito parlamentare, anche se ci cercherebbe una corsia preferenziale con la speranza, in autunno con la finanziaria, di trovare le risorse. «Mettiamola così — dicono nei corridoi del Ministero della Salute — è una riforma epocale, chi è venuto prima di noi non l’ha fatta, può valere la pena aspettare qualche mese in più». Domani ci sarà un nuovo confronto tra i tecnici del Ministero della Salute e i colleghi dell’Economia, con la speranza di trovare una soluzione last minute. Ma Schillaci, che domani dovrebbe essere ospite della trasmissione “Cinque minuti” condotta da Bruno Vespa ha pronta una narrazione credibile per spiegare il cambiamento, se le ultime trattative dovessero fallire. Poiché si parla di una riforma epocale – sarà spiegato – è giusto coinvolgere il parlamento.

La presidente Meloni ieri ha confermato alcuni dei contenuti della riforma: saranno sanzionati i direttori generali delle Asl che non rispettano i piani di abbattimento delle liste di attesa, saranno aperti studi e laboratori anche al sabato e alla domenica, ricorrendo ove necessario a prestazioni intramoenia (acquistate dai professionisti interni) e coinvolgendo gli specializzandi. Inoltre, per garantire tempi certi al paziente a cui viene prescritta una visita o un esame, le Regioni e le Asl potranno acquistare prestazioni aggiuntive dalla sanità privata convenzionata che però dovrà mettere a disposizione le agende ai Cup. I Centri unici di prenotazione oggi sono spesso parziali, non hanno agende complete con la fotografia dei posti liberi per esami e visite specialistiche: questo non dovrà più succedere. Ci saranno classi di priorità per visite ed esami e almeno il 90 per cento dovrà essere erogato nei tempi previsti.

DUBBI

Giorgia Meloni ha ricordato un problema reale: non esiste un monitoraggio certo delle liste di attesa. Quando si afferma che si aspettano anche due anni per una visita da un endocrinologo o per un ecodoppler, ci si basa su testimonianze o analisi di associazioni di consumatori. Ma né le Regioni, né il Ministero della Salute hanno un reale quadro aggiornato. Per questo al Ministero sarà creato un Ispettorato per vigilare sui tempi. Si lavorerà anche sull’appropriatezza per tagliare quel 20 per cento di visite ed esami non necessari che i medici prescrivono perché temono cause risarcitorie. Sono però esclusi interventi coercitivi, si punta sulla promozione di pratiche virtuose. Dall’opposizione il rischio di frenata sull’uso del decreto viene criticata. Il responsabile nazionale welfare di Azione, Alessio D’Amato: «È un vero flop. Servono 2 miliardi, altro che 300 milioni». Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera: «Niente decreto legge, solita promessa non mantenuta». Replica il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato (FdI): «Gli strumenti possono essere quello della decretazione, che ha cogenza immediata, o un disegno di legge veloce, approvato dal Consiglio dei ministri e poi con la partecipazione del Parlamento».

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