10.05.2025
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Technology

la nuova legge per allungare la vita dei cellulari


NEW YORK — Poco meno di un decennio fa la teorica dei media Wendy Chun, ora professore alla Simon Fraser University di Vancouver, in Canada, ha cercato di definire con un’equazione il concetto di aggiornamento dei prodotti tecnologici. Questa bramosia indotta è secondo la ricercatrice traducibile in crisi + abitudine = aggiornamento. «Le crisi sono fondamentali per i cambiamenti delle abitudini. Solo attraverso una crisi, reale o percepita, come diceva l’economista Milton Friedman, avvengono le trasformazioni autentiche. Ma le crisi di oggi sono diventate ordinarie, fermano i cambiamenti e ci mantengono in un presente sospeso. Il luogo dove vivono i nuovi media», sostiene Chun. I consumatori sanno che ogni smartphone, anche il più costoso, ha una data di scadenza: tradizionalmente è di tre anni, quando il software non è più aggiornabile, cosa che impedisce di scaricare e aggiornare le app e proteggere la sicurezza. Ora grazie a nuove leggi approvate in Europa e negli Stati Uniti la vita media di uno smartphone ha raggiunto i sette anni. Il nuovo standard è stato applicato prima da Google a Pixel 8. Poco dopo ha seguito Samsung che ha deciso di prolungare gli aggiornamenti nel nuovo Galaxy S24. Apple invece ha sempre mantenuto gli standard dei sette anni, nonostante Android continuasse a rendere obsoleti i propri software molto prima.

«Queste aziende non stanno facendo cambiamenti alle loro politiche perché si sono improvvisamente illuminate sulle questioni di durata e riparabilità dei prodotti. Stanno rispondendo – e in molti casi tentando di indebolire – ai cambiamenti nelle leggi che li costringono a comportarsi in modo più responsabile», dice al Messaggero Aaron Perzanowski, professore alla Case Western Reserve University School of Law di Cleveland, in Ohio. Perzanowski ricorda come vorrebbe «vedere leggi più aggressive che obblighino i colossi tecnologici a introdurre batterie sostituibili dagli utenti. La Direttiva Ecodesign dell’Europa è un modello utile in questo senso». Il cambiamento oltre a essere guidato dalle nuove leggi, arriva in un momento di trasformazione del mercato degli smartphone. Fino a pochi anni fa i consumatori erano attratti dagli ultimi modelli, oggi invece vogliono prodotti che durano, in un settore nel quale le vendite stanno rallentando: nel primo trimestre dell’anno le vendite di iPhone sono diminuite del 10%, quelle dei telefoni Samsung dell’1%. E proprio la domanda dei consumatori gioca un ruolo cruciale nell’obsolescenza programmata. Per questo Perzanowski suggerisce di migliorare l’educazione agli acquisti dei cittadini e obbligare all’uso dei punteggi sulla riparabilità dei prodotti: «Questi punteggi, come quelli implementati in Francia, offrono ai consumatori una valutazione facilmente comprensibile su quanto sia facile ed economico riparare un telefono o un elettrodomestico prima dell’acquisto».

Ma il prolungamento della vita dei software è soprattutto una vittoria del movimento “right to repair” che da anni fa pressioni sui politici, in particolare negli Stati Uniti e in Europa, per spingere i colossi tech a dare agli utenti la possibilità di aggiustare e modificare i prodotti.

La California ha fatto da pioniere con il Right to Repair Act, firmato nel 2023 dal governatore Gavin Newsom: garantisce a negozi indipendenti la possibilità di accedere a parti, strumenti e manuali per aggiustare i prodotti tecnologici, riducendo di molto i rifiuti e le emissioni di anidride carbonica. Stessa cosa ha fatto l’amministrazione Biden che nel 2023 ha indirizzato la Federal Trade Commission, l’autorità che si occupa di antitrust in Usa, a sostenere il right to repair. E più di recente l’Europa ha approvato una normativa che estende il diritto alla riparazione. Solo in Europa ogni anno i prodotti elettronici dismessi causano 35 milioni di tonnellate di rifiuti e 261 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra. Apple, Google e Samsung stanno combattendo una battaglia facendo lobby per evitare che ci siano regole sempre più restrittive. Apple per esempio sostiene che queste pratiche siano studiate per proteggere la sicurezza dei consumatori e del marchio. Ma il mercato delle riparazioni e AppleCare, l’assicurazione sui prodotti proposta agli utenti di iPhone e Mac, fa guadagnare al gruppo nove miliardi di dollari l’anno. Proprio sulle difficoltà che separano i consumatori da una vittoria netta sui colossi tech Perzanowski è molto chiaro: «Dobbiamo tutti prepararci a una lotta lunga e in continua evoluzione per proteggere questi interessi».

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