Notizie Nel Mondo - Notizie, affari, cultura Blog Sports «Volevo l’Italia, ma dopo l’esonero di Spalletti la Figc non mi ha chiamato. Ora vi aspetto al Mondiale»
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«Volevo l’Italia, ma dopo l’esonero di Spalletti la Figc non mi ha chiamato. Ora vi aspetto al Mondiale»


Il mare. Il sole. E la gelatina. Fabio Cannavaro sorride nella sua Napoli perché è già nell’élite del calcio mondiale. La prossima estate, con il suo Uzbekistan, sarà in Usa, Canada e Messico a giocarsi prima la qualificazione alla fase eliminatoria contro Colombia, Portogallo e una da definire. Rino Gattuso guarda con un pizzico di invidia la situazione dell’amico: «Fabio può pensare a mettersi il gel, io sono in trincea», ha detto qualche tempo fa. In realtà la Nazionale ha l’opportunità di rilanciarsi definitivamente: «Spero che ci sia anche l’Italia, pensare a un Mondiale senza sarebbe umiliante. Vorrei vedere Buffon e Gattuso in America», gli ha risposto Fabio.

L’intervista a Fabio Cannavaro 

Il sorteggio di Whashigton è stato clemente

«Con Canada, Qatar e Svizzera, anche Rino dopo aver passato i playoff potrà mettersi la gelatina. Il fatto che io sia andato al Mondiale con l’Uzbekistan senza fare le qualificazioni e sia stato scelto come ct, ha fatto rumore. È una nazionale di terza/quarta fascia che per la prima volta va al Mondiale, dovrò fare il triplo del lavoro che dovrà fare l’Italia».

L’ha chiamata la Nazionale dopo l’esonero di Spalletti?

«No, mi sono sentito con Gigi un po’ di tempo fa. La scelta di Rino la condivido, è un bravissimo allenatore, un ragazzo eccezionale. Non è solo grinta e forza, ma è anche uno che studia. La mia storia con la Nazionale è importante ma fino ad adesso non mi hanno visto né da allenatore né da uomo immagine. Io continuo a lavorare, non mollo e giro il mondo. Amo allenare, lo faccio da 10 anni».

Perché in Italia non riesce a essere visto come tecnico?

«Forse sono percepito ancora con un ex calciatore, capitano della Nazionale e Pallone d’oro. Mi sono dovuto buttare sempre nel fuoco, tra Benevento, Udine e Dinamo Zagabria».

L’ha delusa non aver ricevuto nemmeno una telefonata?

«No, io conosco la mia storia. Rino è mio amico, è preparato e studia, poi è normale che speri sempre. Col tempo se avrò la possibilità bene, altrimenti si va avanti».

È vero che è stato a un passo dalla Polonia?

«Sì, quello è stato il mio errore. Gli dissi di no, anche lì c’è la possibilità di andare al Mondiale ma c’era poco tempo per rischiare uno spareggio».

Un “no” pronunciato per aspettare l’Italia?

«In quel momento c’era lo spareggio con Macedonia e Portogallo e c’era anche quel pensiero lì. Quel no lì mi ha portato a fare altre scelte».

Visto il suo palmares, pensa di essere scomodo?

«In Italia faticano campioni come Maldini, Totti e Del Piero. Il fatto che siamo stati dei grandi giocatori non vuol dire che non possiamo fare altro».

Il Mondiale si giocherà 20 anni dopo la vittoria di quello dell’Italia

«Tornare al sorteggio da allenatore dopo 20 anni è una bella soddisfazione. Il Mondiale resta una delle cose più importanti per chi fa calcio, andarci come allenatore e avere la possibilità di stare nella saletta dei tecnici a Whashigton con tutti i ct è stata una bella emozione».

Che le hanno detto i calciatori dell’Uzbekistan quando l’hanno vista?

«Inizialmente c’è sempre un po’ di soggezione, poi ho capito il motivo per il quale si sono qualificati: è una nazionale tosta, giocarci contro non è facile».

Si dice che lei abbia accettato l’Uzbekistan solo per i soldi

«Invece di guardare le cose positive è venuta fuori la battuta dello stipendio. Io fortunatamente i soldi li ho guadagnati anche da calciatore, non solo da allenatore. Anzi, se è per quello potevo stare anche a casa. È più che altro per mettersi in gioco e fare esperienza».

Vede ancora il campionato italiano?

«Certo, resta sempre il più interessante da guardare perché capisci molte cose».

Quali?

«A volte si esaspera nella tattica, si cerca la soluzione uomo a uomo a tutto campo. Siamo passati dal gioco di Sarri a quello di Gasperini. Siamo tutti figli di Gasp. Ci sono anche tante cose negative, come il fatto che vediamo pochi giovani e pochi italiani, questo si ripercuote sulla nazionale».

Dove può arrivare la Roma?

«È una squadra forte, ha buoni giocatori con un allenatore bravo che conosce il campionato. Non ha l’attaccante vero e comunque è lì e lotta. Gasperini è un allenatore esigente con i calciatori. In una piazza come Roma, l’ultimo esigente è stato Capello».

Le è dispiaciuto non andare a Roma con Totti?

«Ci penso spesso, quella squadra era bella. Sensi aveva già fatto i conti e non poteva prendere me, Buffon e Thuram».

Tra le prime quattro chi ha più chance di vincere lo scudetto?

«Non ce n’è una che ha continuità. La Champions ti assorbe tante energie e il Milan è avvantaggiato».

Il Napoli di Conte?

«Ha avuto troppi infortuni che stanno condizionando la stagione. Comunque fino a dieci giorni fa era primo in classifica e sta sempre lì. Il doppio impegno lo soffre, anche perché la rosa non è al completo».

Chi ha la rosa per vincere?

«L’Inter resta ancora la più forte di tutte. Il Napoli al completo si è avvicinato tanto».

Si aspettava i risultati di Chivu?

«Chivu fino ad ora non ha fatto il salumiere. È da quando aveva 5 anni che è nel calcio. Fa ridere sentire che non aveva esperienza».

La Juve può rientrare nel giro scudetto?

«In questo momento è un passo dietro le altre. Sicuramente quando cambia allenatore è sempre complicato. Spalletti mi fa impazzire, mi è sempre piaciuto, è il mio punto di riferimento. Quando vedi le sue squadre c’è sempre tanto da studiare».

Come mai in Nazionale non è andato bene?

«Perché non è un club, è la Nazionale e a volte la gestione deve essere più snella».

Perché il sistema calcio non cresce più calciatori come lo eravate voi?

«Ci sono diversi aspetti, c’è chi dice che non si gioca più all’oratorio, chi dice che non si fa più la tecnica. È un sistema che non funziona».

Troppa tattica?

«Se tu a un bambino non dai la base, che è la tecnica, dopo ci devi costruire il resto sopra. La tattica va fatta più avanti. Il ragazzo non pensa più a livello individuale, non gioca da solo, pensa che deve essere per forza di reparto. Con questo nuovo modo di giocare diventerà più facile. E poi ci sono meno figli, guardiamo altri sport e il calcio interessa meno».

Un difensore che le piace?

«Buongiorno. Nelle situazioni di difficoltà risolve e ce ne sono pochi così».


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