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«Su auto e case green ci aspettiamo una svolta dall’Unione Europea»


Siamo alla vigilia del voto di conferma di Ursula von der Leyen alla presidenza dell’Ue, e proprio lei, Gilberto Pichetto Fratin da ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica sta conducendo in prima linea per l’Italia almeno tre battaglie cruciali: la richiesta di un compromesso di realismo sulle case green e sullo stop alle auto a benzina e diesel nel 2035, oltre al sostegno dei biocarburanti come strumento per la decarbonizzazione. Che si aspetta dalla nuovo Parlamento e quindi dalla Commissione europea, che ratifichino queste battaglie buttandosi definitivamente alle spalle la linea ideologica alla Timmermans? L’apertura di Von der Leyen agli ambientalisti non può essere ignorata.

«Aggiungerei ai tre temi anche quello degli imballaggi, con un esito migliorato per il nostro paese dopo la partenza negativa, frutto di un’ideologizzazione oltre ogni limite. Venendo meno Timmermans la Commissione europea, per la verità, si è già portata su una posizione di maggiore equilibrio e flessibilità negli ultimi sei mesi. E, devo dire, anche il Parlamento Ue. È chiaro che qualcosa ci aspettiamo, al di là degli equilibri che porteranno al voto delle singole forze politiche rispetto alla presidenza».

Cosa?

«Un grande paese come l’Italia deve avere il peso dovuto nell’ambito del riparto delle deleghe in Commissione. Perché questa è una trattativa tra stati, non tra appartenenze di partito. E nell’ambito di questa trattativa auspichiamo una Commissione con i piedi per terra. Che tenga conto delle diverse realtà dei paesi e che misuri ciò che è fattibile».

A partire dal tema auto e biocarburanti?

«Per noi quello dei biocarburanti è un importante percorso sulla decarbonizzazione per un doppio motivo. Abbattono già del 95% le emissioni rispetto ai carburanti ordinari. Inoltre, noi chiediamo di verificare anche la neutralità tecnologica attraverso la captazione dei vegetali che vengono utilizzati per la produzione dei carburanti».

Ci sarà la riforma del pacchetto Fit for 55 sullo stop al motore endotermico al 2035?

«Di fatto questo capitolo è stato già messo in discussione negli ultimi sei mesi. Lo hanno fatto le stesse case automobilistiche, le prime a porre la questione dell’impossibilità a raggiungere certi obiettivi. Su questo noi abbiamo una posizione di principio: non può un governo politico stabilire ciò che sarà la tecnologia dopo 10-15 anni. Il Fit For 55 è nato nel 2019 imponendo regole assurde con una genesi politica che non tiene conto dello sviluppo tecnologico. La parte rilevante la faranno i motori elettrici, non c’è dubbio. Ma ci saranno anche i motori endotermici e-fuel o bio-fuel che garantiranno l’abbattimento delle emissioni carboniche. Su questo l’Italia avrà una posizione precisa e mi auguro che la prossima Commissione prenda in seria considerazione la questione».

L’obiettivo è l’inserimento della tassonomia europea come accaduto per il nucleare?

«Direi di sì, gli spazi ci sono».

Davvero questa linea possa prescinde dal voto di giovedì?

«Si. Io sono di Forza Italia, parte del Partito popolare europeo che propone Von der Leyen. Quindi Forza Italia voterà von der Leyen. Ma, ripeto, al di là di questo, conta la sostanza di un governo europeo che nascerà dall’accordo tra gli Stati. L’Italia è un grande paese fondatore dell’Europa e deve avere la giusta voce in capitolo sulle scelte. Scelte che dovranno tenere conto delle varie realtà nazionali».

Certo un commissario all’industria può essere una garanzia anche su un altro fronte come quello delle case green.

«Vedremo. Ma voglio essere chiaro: noi siamo d’accordo sulla decarbonizzazione del sistema dei fabbricati. Bisogna però tenere conto del territorio del nostro paese con 31 milioni di unità abitative, per tre quarti con più di 70 anni, che hanno una proprietà diffusissima su 100mila borghi. Dunque un’azione su questo fronte deve essere svolta con modalità e tempi realistici».

Di che azione parla?

«Stiamo preparando un piano proiettato al 2050. Recepiremo la direttiva Ue e inseriremo l’indicazione del percorso. Aggiungo che se ci sarà un intervento pubblico, non dovrà certo essere messo nel vincolo del patto di stabilità».

Veniamo al Pniec inviato a Bruxelles. La grande novità è l’inserimento del nucleare nel mix energetico italiano, seppure soltanto come scenario al 2050. Il Piano guarda alla copertura fino al 22% dei consumi italiani, partendo da una soglia prudenziale dell’11%. Ci si potrebbe perdere nello slalom tra autorizzazioni regionali e stop dei territori? I puristi delle rinnovabili e gli ambientalisti sono già in allarme.

«Il Pniec ha dei target e questi sono riferiti solo al 2030: 131 Gigawatt di rinnovabili per esempio. Poi c’è una parte di scenario che va dal 2030 al 2050, tra mini-reattori (nucleare da fissione) oggetto di sperimentazione di vari gruppi internazionali tra i quali partecipiamo anche noi come Italia, insieme all’Enea, e una finestra dal 2045 per la fusione. Il punto è che gli analisti prevedono un raddoppio della domanda di energia al 2050 rispetto a quella di oggi e sappiamo che non è sostenibile solo con le rinnovabili. Ci vogliono contestualmente altre energie pulite».

Le vecchie centrali e i due storici referendum sono capitoli a parte rispetto ai mini-reattori, ma va ricostruito il quadro giuridico. A che punto è la commissione Guzzetta?

«Ho incaricato il professor Guzzetta di avvalersi del gruppo di lavoro che ritiene per fare una proposta di quadro giuridico con valenza costituzionale, di legislazione primaria e regolamentare. Volutamente ho evitato la costituzione di una commissione».

Aspettala bozza a settembre?

«Dalle prime idee spero di arrivare a una proposta regolamentare che sarà al vaglio del governo e del Parlamento».

A quel punto bisognerà studiare gli incentivi?

«Lo Stato partecipa a tutte le produzioni di energia. A seconda delle condizioni di mercato lo farà anche per il nucleare. Ma vorrei ricordare anche i vantaggi in termini di risparmio e di minore occupazione del suolo del nucleare anche rispetto alle rinnovabili».

Qualche numero?

«Se il nucleare arriverà a coprire il 22% dei consumi italiani si risparmieranno 34 miliardi l’anno. Inoltre, per avere la stessa produzione di un modulo nucleare da 300 Megawatt di potenza, che produce 2,4 Terawatt di energia l’anno e occupa 10 ettari di suolo, dovrei avere 2mila Megawatt di potenza di fotovoltaico, che occupano più di 2mila ettari di territorio».

Sempre nel Pniec è cresciuto il peso dell’efficienza energetica degli edifici e il contributo delle pompe di calore grazie agli incentivi fiscali. Mancano i dettagli però. Sarà un nuovo grattacapo per il Mef?

«Il Pniec è un documento programmatorio, indica un percorso. Ma certamente incentivi e penalità eventuali dovranno tenere conto del bilancio dello Stato». «Il Pniec è un documento programmatorio che indica un percorso. Ma certamente incentivi e premialità dovranno tenere conto del bilancio publicco».

È raggiungibile il target di 6,6 milioni di auto elettriche?

«Abbiamo 42 milioni di auto. Se ci sarà l’opportunità economica – non è più una questione tecnologica – gli obiettivi saranno raggiungibili».

Il 22 luglio parte il bando per l’installazione di oltre 18mila colonnine. Ce la facciamo in poco più di un anno?

«Abbiamo 40mila colonnine. Ma nonostante il problema sulle gare nelle aree extra-urbane siamo nei tempi.

Abbiamo tutta la capacità di biocarburanti prevista?

«Siamo il più grande produttore di biocarburanti in Europa. E il piano Mattei sono certo che contribuirà ad implementare la produzione di biocarburanti grazie alla cooperazione con i paesi dell’Africa».

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