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stabilimenti chiusi per due ore. Ma i sindacati si dividono


Lo sciopero non va in vacanza. O forse sì. Parte azzoppata la protesta prevista per questa mattina da parte dei lavoratori del settore balneare. A ridimensionare le due ore di ombrelloni chiusi e sdraio rovesciate non sono però né il caldo torrido né la rinnovata promessa governativa di un intervento entro fine agosto per determinare «un quadro giuridico certo». A raffreddare la protesta che prevede l’apertura dei lidi solo alle 9.30 è il fronte sindacale spaccato. La serrata convocata da Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti, due storiche associazioni degli operatori di spiaggia, non è stata infatti condivisa dalle altre nove sigle che rappresentano il settore, e ora lo tsunami anti-Bolkestein prospettato dodici anni dopo la prima iniziativa di questo tipo rischia di trasformarsi in poco più di un’onda riottosa.

I SINDACATI

Se alcuni sindacati hanno preferito non aderire solamente perché esclusi dall’ideazione dello sciopero altri, invece, non ne condividono le modalità o i contenuti. Il risultato? Impossibile prevedere il reale impatto di una manifestazione che è e resta un atto dimostrativo. «Non è giusto penalizzare migliaia di consumatori che hanno scelto gli stabilimenti balneari italiani per le loro vacanze, riconoscendone qualità e funzionalità» spiegano Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari e Bettina Bolla, presidente di La Base Balneare con Donnedamare. «Abbiamo un’adesione dell’80% e oltre dei nostri iscritti» fa sapere invece la Fiba, certa che lo sciopero sarà un successo perché «rappresentiamo in Italia quasi il 90% degli operatori balneari». «Alla protesta vada preferito il dialogo» si sfila il coordinatore di Cna balneari Cristiano Tomei. In contrapposizione Antonio Capacchione, presidente del Sib: «Sarà uno sciopero gentile. A chi non ritiene di aderire dico: scegliete un’altra iniziativa, ma non fare nulla è sbagliato». Così come lo sarebbe non offrire ai bagnanti i servizi minimi durante le due ore di sciopero. E infatti anche dove gli ombrelloni resteranno chiusi, saranno comunque garantiti dagli stabilimenti sia il salvamento — con i bagnini operativi — che i servizi igienici o le docce.

LA LEGGE
In attesa di capire come andrà la sola certezza è che entro fine anno serve una norma. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato e lo ha suggerito nuovamente la Commissione europea paventando il ricorso alla Corte di giustizia Ue. Le trattative sono in corso e le ipotesi si rincorrono. Da quella soft che prevede una messa a bando solo nelle Regioni che in cui la percentuale di occupazione delle spiagge è superiore al 25% (con una mini-proroga al 2030 delle concessioni sulle coste più “libere”) fino a quella meno accomodante, che vede una bocciatura tout court della mappatura tanto cara ad una parte del centrodestra e l’avvio delle gare “tutelate” lungo tutta la Penisola. «Noi abbiamo chiesto prelazione per le uscite, indennizzo per chi farà altre scelte e anche una proroga per permettere di organizzarvi» ha spiegato ieri Matteo Salvini dal Festival della Versiliana a Marina di Pietrasanta, in provincia di Lucca. La palla — senza racchettoni — ora è nelle mani di Bruxelles.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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