Ci sono ancora venti punti base di distanza, e anche meno, sui titoli a dieci anni. Il minimo dal 2007. Ma quando lo spread Italia-Francia si sarà azzerato anche sulla scadenza dei titoli di stato decennali, vorrà dire che il gran sorpasso sarà completo. Dopo che ieri il rischio Italia è sceso sotto quello francese sulla scadenza a cinque e due anni, ora si aspetta infatti il giro di boa anche sui titoli più rappresentativi per la percezione del rischio sul debito di un Paese. E di strada ne è stata fatta se quando Giorgia Meloni ricevette la nomina a premier nell’ottobre del 2022, lo spread in questione viaggiava sui 180 punti. Era praticamente un altro film, visto che da allora i conti pubblici italiani sono migliorati e quelli transalpini peggiorati, le agenzie di rating hanno premiato i titoli del debito italiano e a declassare quelli francesi, con nuovi rischi nell’aria. Nell’ultimo decennio è proprio cambiato il rapporto tra i debiti delle due economie europee. Ai tempi del lancio del Quantitative easing di Mario Draghi, allora a capo della Bce, a marzo del 2015, i Btp in circolazione sul mercato ammontava a 1.841 miliardi contro i 1.563 della Francia. Al 30 aprile scorso i titoli di Stato italiani in circolazione ammontavano a 2.573 miliardi di euro (su un debito di 3.063 miliardi), contro gli oltre 2.800 miliardi della Francia (a fronte di un debito da 3.300 miliardi).
IL VANTAGGIO
Ma andiamo con ordine. È successo ieri che per la prima volta dal 2005 lo spread tra i titoli di Stato italiani e francesi è virato in negativo sia a 2 che a 5 anni. A confermare l’eccezionalità della situazione ci hanno pensato le colonne dedicate all’argomento dal quotidiano economico Les Echos, pronto a titolare a tutta pagina: «L’Italia paga il suo debito meno caro della Francia». Il primo passaggio cruciale si era consumato per la verità già venerdì scorso: i Btp quinquennali hanno chiuso con un rendimento del 2,64% contro il 2,66% degli Oat francesi di pari durata. Una differenza di due punti base che basta ad interrompere un trend ventennale. Ieri poi lo spread è diventato negativo anche sui titoli a due anni: 2,04% gli italiani, 2,11% i francesi, ben sette punti base in meno. Solo sul decennale l’Italia continua ancora (e chissà per quanto) a pagare di più: 3,46% contro 3,29%, ma lo spread, pari a +16,9 punti, è comunque ai minimi dal 2007. È il prezzo della maggiore stabilità di Roma nella percezione degli investitori.
Les Echos parla addirittura di «investitori sedotti dalla politica economica condotta da Giorgia Meloni, molto favorevole ai mercati, e dalle prospettive non indifferenti di crescita». Non solo. «L’Italia, abituata agli psicodrammi politici, mostra una stabilità che rafforza la qualità del suo credito», scrive il quotidiano, ricordando che anche le agenzie di rating hanno promosso il governo. S&P ad aprile scorso ha innalzato il rating a BBB+, mentre Moody’s e Fitch hanno l’outlook positivo. Tutti traguardi di cui la Francia non può vantarsi. Dall’estate scorsa, quando Macron ha sciolto a sorpresa l’Assemblea nazionale portando i francesi ad elezioni anticipate, il Paese fatica a rimettersi in marcia. Dopo il governo Barnier, caduto sulla legge di bilancio, ora anche il governo Bayrou rischia una sfiducia. A dimostrazione che i conti pubblici, un tempo vanto per uno dei debiti più bassi d’Europa, oggi sono diventati un grosso ostacolo. E rischiano di portare i francesi a nuove elezioni dopo solo un anno.
LA PROSPETTIVA
Il sorpasso sul costo del finanziamento sui mercati è qualcosa che non può non inorgoglire il governo italiano. «È un segnale dal forte valore simbolico, che conferma il consolidarsi della fiducia dei mercati verso l’Italia», ha detto ieri Lucia Albano, sottosegretario all’Economia. Secondo Albano, la tendenza «appare strutturale» e potrebbe presto estendersi anche ai Btp decennali, tradizionale benchmark per gli investitori, che hanno toccato un minimo di 17 punti. Del resto anche lo spread con i bund tedeschi, scivolato sotto quota 90 (ai minimi da 15 anni), segnala la ritrovata fiducia degli investitori nel debito italiano nonostante navighi intorno al 135%, il più alto d’Europa dopo quello greco al 153%. Ma ora quello francese, al 114%, spaventa di più. Questi dati, ha aggiunto Albano, «rappresentano una conferma concreta della crescente credibilità internazionale del governo Meloni, frutto di una gestione responsabile dei conti pubblici e di una politica economica orientata alla stabilità e alla crescita sostenibile». La parola passa di nuovo al mercato, in attesa dell’asta Bot di giovedì di titoli annuali per 7,5 miliardi a fronte di titoli annuali in scadenza per 8,8 miliardi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Risparmio e investimenti, ogni venerdì
Iscriviti e ricevi le notizie via email