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«Sì alla pace giusta». E Zuppi lunedì va in missione a Mosca


IL CASO

CITTÀ DEL VATICANO Più di mezz’ora di colloquio nel silenzio ovattato della biblioteca apostolica. Il sogno della pace giusta e l’angoscia dei più piccini che hanno perso il sorriso. Il vecchio Papa appoggiato al bastone, guardava negli occhi il Presidente ucraino vestito con la sua usuale uniforme verde militare. Alla fine lo ha congedato con affetto augurandogli di cuore «good luck», buona fortuna. Il prossimo appuntamento cruciale per Zelensky, forse determinante, è a fine mese in Canada. Con l’aiuto di un interprete avevano appena affrontato tutti gli aspetti umanitari più urgenti e immediati da concretizzare. Il tempo stringe e in ballo ci sono i destini appesi di migliaia e migliaia di ucraini svaniti nel nulla in questi due anni d’inferno.

LA MISSIONE DI ZUPPI

A cominciare dai bambini deportati a forza e avviati alla russificazione contro ogni legge internazionale. Loro sono i primi a dover fare ritorno, come pure i prigionieri politici e decine di giornalisti catturati nelle zone occupate. Probabilmente si trovano nelle carceri di Putin. Si spera solo che non abbiano fatto la fine di Viktoria Roshchina, 27 anni, coraggiosissima cronista freelance scomparsa nell’agosto dell’anno scorso e morta dietro le sbarre in circostanze tutte da chiarire. Lo hanno comunicato i russi al padre, il mese scorso. Non si sa nient’altro.

Il Papa ha dato la parola a Zelenski che si sarebbe mosso subito attraverso i suoi canali personali, aspetta la lista completa da Kiev e attiverà la diplomazia vaticana. Intanto il cardinale Matteo Zuppi, secondo quanto apprende il Messaggero, già lunedì prossimo è atteso a Mosca. E’ la seconda parte di una missione precedentemente avviata anche se finora ha dato scarsi esiti per colpa dei russi ma sulla quale vengono riposte tante speranze, a cominciare da quella di Francesco che non molla il disegno di perseguire il cammino per una soluzione giusta. E’ convinto che si possa individuare con il dialogo, la diplomazia, la tenacia.

Anche la scelta dei doni, momento significativo di ogni visita in Vaticano, ha fatto capire il senso di quest’incontro delicatissimo. «La pace è un fiore fragile» c’era scritto sulla scultura di bronzo destinata a Zelensky, il quale ha ricambiato con un regalo altrettanto simbolico: un dipinto ad olio della piccola Marichka, una bambina testimone della devastazione a Bucha. Fu trovata dai soldati ucraini che vagava per le macerie stralunata, come se fosse in trance. Marichka non riusciva ad accettare quello che era accaduto e aveva visto. Saccheggi, corpi mutilati, torture, stupri per strada, a cielo aperto. Per gli ucraini certamente un genocidio come hanno chiesto alla Corte Penale Internazionale di indagare sugli eventi. Il pittore Volodymyr Kozyuk sembra aver colto nello sguardo di Marichka persino il silenzio di Dio. «Tutte le Nazioni hanno il diritto di esistere in pace e sicurezza: i loro territori non devono essere attaccati, la loro sovranità dev’essere rispettata e garantita mediante la pace e il dialogo. La guerra e l’odio portano solo morte e distruzione per tutti. Pace» ha scritto più tardi Bergoglio affidando il suo appello a X. In Vaticano si continua ad enfatizzare il concetto di «pace giusta», e l’aggettivo “giusta” che è stato poi usato anche dal cardinale Pietro Parolin, nell’incontro successivo con Zelensky, serve a differenziare e fare chiarezza: con l’occupazione di una nazione non ci può essere alcuna pace tra i popoli. «I colloqui in Segreteria di Stato sono stati dedicati allo stato della guerra, alla situazione umanitaria nonché alle vie che potrebbero metterle fine, portando ad una pace giusta e stabile nel Paese” si leggeva nel comunicato diffuso mentre già Zelensky era in aeroporto, pronto a decollare per la Germania.

VIAGGIO

Stavolta nessuno ha parlato di un invito del Papa a Kiev (avrebbe sottolineato distanze) anche se è stato esaminato il problema della legge recentemente approvata dal Parlamento di Kiev che ha messo al bando la Chiesa ortodossa storicamente legata a Mosca. E’ maggioritaria e da sempre è presente sul territorio ucraino. Ora ha solo nove mesi di tempo per scindere ogni legame con il Patriarcato di Kirill. Francesco ha chiesto il rispetto del principio della libertà di culto.

Franca Giansoldati

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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