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«Senza l’immaginazione non c’è sapere»


Arte, musica, medicina, economia. Ogni campo del sapere è invaso da macchine in grado di svolgere ragionamenti simili a quelli dell’essere umano.

Eppure c’è un dominio che, almeno per ora, l’IA non è riuscita a conquistare: la fantasia. La potenza creativa che permette di immaginare, le macchine ancora non la hanno. Ma per costruire il presente e il futuro serve immaginazione. Ed è proprio di questo che il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, ha discusso al Maxxi con Fabrizia Sabbatini, fondatrice e co-direttrice delle edizioni Magog, e Guglielmo Gallone, giornalista per i media vaticani, durante l’evento “Per una teologia dell’immaginazione”, che ha concluso Bayram, ideato e diretto da Sebastiano Caputo. «Una delle patologie della cultura contemporanea è che la nostra realtà è una realtà fabbricata ed è frutto di una manipolazione — ha sottolineato il Prefetto — Passare a un reale-originale è un atto di resistenza, di consapevolezza, di spirito critico, che abbiamo bisogno di sviluppare per poter perforare la crosta della realtà. Questo richiede di vivere in prima persona, accendere la propria consapevolezza di sé e del mondo. Non possiamo essere soltanto un luogo per replicare il reale, c’è un discernimento che dobbiamo mettere in atto e avere l’audacia di fare un cammino verso qualcosa di autentico». Un processo difficile da realizzare, in un periodo in cui le esperienze sono considerate tali solo se passano per il tasto “condividi” su qualche social.

Sebastiano Caputo, ideatore e direttore di Bayram

CREARE IPERSTIZIONI

La questione si fa ancora più urgente in relazione alle nuove tecnologie, che non sono solo in grado di replicare, ma anche di creare esperienze, contenuti, relazioni. Ed è qui che entra il gioco l’immaginazione: «Col passare del tempo le prossime generazioni avranno a disposizione dei mezzi tecnologici molto potenti e dovranno di conseguenza misurarsi con uno spazio infinito, rinnovato e ancora in esplorazione. — commenta Caputo a MoltoFuturo — Per questo occorre avere innanzitutto visione, immaginazione, nonché la capacità di produrre “iperstizioni”, profezie auto-avveranti».

«Per abitare il presente e costruire il futuro, c’è bisogno di conciliarsi con l’immaginazione che ha una cattiva fama. Noi diciamo che l’immaginazione è “la matta della casa”, crea un’instabilità permanente — continua il Cardinale — Suggerisce una condizione di libertà che alle volte sembra sregolarci dalle nostre vie e dalle nostre consuetudini. Ma senza immaginazione non c’è sapere vero, perché ci permette di entrare nel mistero e lo rende incarnato. Se l’immaginazione è un contributo per la fede? Assolutamente, perché permette l’uscita dal pensiero dicotomico. Deve esistere una terza via di unità. L’immaginazione aiuta a renderla visibile e a costruirla. I grandi libri religiosi sono libri in cui l’immaginazione è molto presente. Pensiamo al Cantico di San Francesco, quell’enumerazione di creature è un esercizio straordinario di immaginazione, senza quello noi non riusciamo a dialogare con l’invisibile».  E per tornare a condividere esperienze, e non solo foto sui social, bisogna tornare a scoprire il significato delle parole, una tra tutte “comunità”. «Una parola di futuro per questa “generazione cosmica” è senz’altro la parola comunità — spiega José Tolentino de Mendonça — Anche se sembra che siamo tutti connessi e anche se riceviamo questo segnale che siamo tutti online, la verità è che rimaniamo come isole. L’esperienza di una comunità è altro, è la condivisione di un immaginario: la possibilità di condividere una storia, che diventa una storia comune». E la «storia di domani non va scritta, ma prima di tutto immaginata — sostiene Caputo — perché per affrontare il futuro, categoria in crisi e che fa paura — è necessario provocare uno “choc immaginativo”»

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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