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Sanità, mancano 13 miliardi. Un italiano su 10 non si cura e pochi infermieri nelle corsie


Mancano all’appello poco più di 13 miliardi. Secondo l’ultimo Rapporto Gimbe ecco a quanto ammontano le risorse che sono state tolte alla Sanità. Un vuoto che acuisce la crisi del Servizio sanitario nazionale e che contribuisce a spianare la strada al privato.

Oggi, per curarsi le famiglie pagano di tasca propria 41,3 miliardi di euro. Ma 1 italiano su 10, oltre 5,8 milioni pari al 9,9% della popolazione, non ce la fa a sobbarcarsi anche questa spesa ed è costretto a rinunciare ad almeno una prestazione sanitaria. «Siamo testimoni di un lento ma inesorabile smantellamento del Ssn», ha lanciato l’allarme Nino Cartabellotta, presidente Gimbe. Il quale ha ricordato che la quota di Pil destinata al Fondo sanitario nazionale, così prevede la legge di Bilancio 2025, scenderà dal 6,1% del 2025-2026 al 5,9% nel 2027 e al 5,8% nel 2028, una riduzione in termini assoluti di 13,1 miliardi di euro. In compenso, il Documento programmatico di finanza pubblica stima un rapporto tra spesa sanitaria e Pil stabile al 6,4% per gli anni 2025, 2027 e 2028, con un leggero aumento al 6,5% nel 2026. «Senza un deciso rifinanziamento a partire dalla legge di Bilancio 2026 — avverte la Fondazione – il divario tra stima di spesa e risorse allocate costringerà le Regioni a una scelta dolorosa per i propri residenti: ridurre i servizi o aumentare la pressione fiscale».

Nel 2024 la spesa sanitaria ha raggiunto i 185 miliardi, di cui 137,46 miliardi di spesa pubblica. La spesa privata ha superato i 47 miliardi. L’86,7% della spesa privata grava direttamente sui cittadini, mentre solo il 13,3% è intermediata. In questo contesto la quota di popolazione che rinuncia ad andare dal dottore varia molte da una regione all’altra.

Il picco massimo, 17,7%, si registra in Sardegna. Nel Lazio l’asticella scende al 12%, in Lombardia al 10,3% e in Campania all’8,6%. Dai dati del ministero della Salute emerge che nel 2023 oltre la metà delle 29.386 strutture sanitarie presenti sul territorio, il 58%, erano private accreditate. Nel 2024 la spesa pubblica destinata al privato convenzionato ha raggiunto quota 28,7 miliardi. Ma a correre davvero, segnala la Fondazione, è il privato puro: tra il 2016 e il 2023 la spesa delle famiglie presso le strutture completamente a pagamento è aumentata del 137%, passando da 3,05 miliardi a 7,23 miliardi.

NUMERI

Il rapporto Gimbe accende poi un faro sugli squilibri del personale sanitario. Nella Sanità italiana i medici non mancano, mentre gli infermieri sono una categoria in via di estinzione. Nel 2023 i medici dipendenti erano 109.024, pari a 1,85 per 1.000 abitanti, e quelli convenzionati 57.880. Secondo i dati Ocse, che includono tutti i medici in attività, specializzandi compresi, il numero sale a 315.720 medici, ovvero 5,4 ogni 1.000 abitanti. Solo l’Austria ci supera. Al contrario, gli infermieri sono 6,5 ogni 1.000 abitanti, contro una media Ocse di 9,5. Secondo i dati nazionali, nel 2023 gli infermieri dipendenti erano in tutto 277 mila.

La Fondazione Gimbe ha analizzato quanto manca al raggiungimento dei 14 obiettivi previsti dalla Missione Salute del Pnrr. Dal monitoraggio è emerso che 4 target sono in anticipo o già completati (ristrutturazioni degli ospedali, assistenza domiciliare per gli over 65, grandi apparecchiature, contratti di formazione specialistica). Altri 5 non sono valutabili per mancanza di dati. Sono 2 invece i target che presentano ritardi e riguardano gli interventi di antisismica e l’adozione da parte di tutte le Regioni del Fascicolo sanitario elettronico.

Ma sulla vicenda dei medici prende posizione Alberto Oliveti, presidente della fondazione Enpam (medici e odontoiatri). Conti sotto controllo per le pensioni dei medici, ma Oliveti ha messo in guardia sull’importanza di difendere il flusso contributivo.

«La nostra Cassa è solida, con un patrimonio importante e una sostenibilità garantita. Ma il futuro ci chiama all’attenzione — ha detto, intervenendo all’83° congresso Fimmg in corso a Villasimius (Cagliari) — Per i prossimi 15 anni è atteso un saldo previdenziale negativo dovuto all’aumento dei pensionati e alla penuria di nuovi contribuenti». Per Oliveti, «l’effetto sui bilanci sarà mitigato dai guadagni degli investimenti e per alcuni anni consumeremo un po’ di patrimonio, che del resto abbiamo accumulato apposta». Il presidente dell’ente va oltre. «Non aumenteremo i contributi, non ridurremo le prestazioni e non ritoccheremo l’età pensionabile. Dobbiamo però essere molto attenti al flusso dei contributi e quindi alle remunerazioni che li generano. In questo senso penso che 60 euro di quota capitaria annua per il medico di famiglia siano un’indecenza. Un compenso insopportabile che ignora i costi fissi, che aumentano, e il ruolo cruciale del medico». Infine Oliveti conclude: «Come Enpam chiediamo che a una professione che deve agire con scienza, coscienza e sapienza venga dato riconoscimento finanziario e supporto, come risorse per i collaboratori di studio e per sostenere la genitorialità».


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