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Salvini, la Lega si mobilita per il processo Open Arms. Orban e Le Pen: «Un patriota»


«State tranquilli, non mollo e non patteggio: ho fatto il mio dovere. Ci sarà un giudice a Palermo…». Il cielo siciliano minaccia pioggia. Grigio come quello di Bruxelles, che Matteo Salvini ha salutato solo poche ore prima. Atterra sull’isola quando fa quasi buio, il leader della Lega, reduce dal vertice della destra dei “Patrioti” nella capitale europea dove l’amico Viktor (Orban) e l’amica Marine (Le Pen) gli tributano la loro solidarietà. «Paura? Zero», avverte a sera in diretta social, scagliandosi contro un «processo politico» portato avanti da «magistrati comunisti».

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IN TRINCEA

È pronto alla battaglia giudiziaria, il vicepremier, atteso questa mattina nell’aula bunker del carcere Pagliarelli per l’arringa difensiva nel processo Open Arms, in cui rischia sei anni di carcere. L’accusa, che risale al periodo in cui Salvini era ministro dell’Interno, è di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. E Salvini affila le armi: «Ho difeso i confini e tutto il governo era d’accordo, Cinquestelle compresi», è la linea, che verrà ribadita dalla fidatissima legale Giulia Bongiorno, pronta — si vocifera — a un intervento fiume.

Prima dell’arringa, però, c’è tempo per una cena vista mare alle “Terrazze” sulla spiaggia di Mondello. Eccolo, lo stato maggiore leghista, riunito a tavola nello stesso locale in cui due anni fa si festeggiava il trionfo del sindaco Roberto Lagalla, per fare quadrato attorno al suo segretario federale.

A tavola, sì (specialità dello chef: bouillabaisse mediterranea e linguine al ragù di pescato), ma pure in piazza: l’appuntamento è in contemporanea con l’udienza di fronte al Politeama. Con ministri e sottosegretari ad animare il banchetto approntato dal senatore messinese Nino Germanà (che promette: ci saranno «cento parlamentari e tanti sostenitori») per sostenere il leader. E denunciare il «feeling sconcertante» tra il centrosinistra e le Ong.

Dal momento che, vanno all’attacco dal Carroccio, proprio ieri Open Arms era invitata a un evento del Pd. Fino a ieri sera non era escluso neanche un flash mob davanti al Pagliarelli, ma più d’uno ammoniva: si rischia di scatenare un vespaio. C’è pure chi richiama alla memoria il precedente di Berlusconi, coi 150 parlamentari del Pdl in protesta davanti al Palazzo di giustizia di Milano per il processo Ruby, nel 2013. E così ecco la rassicurazione diramata dal quartier generale: «Non ci saranno isterie collettive come quelle viste a Riace per la condanna di Mimmo Lucano». Meglio una piazza sobria, insomma. Voleva che ci fossero tutti, il vicepremier, e così è stato. O quasi. Ministri, sottosegretari e parlamentari, sfilano uno dopo l’altro sul pontile di fronte all’ingresso del ristorante. C’è chi si è organizzato per tempo per prenotare nello stesso albergo, chi (tipo i ministri Calderoli e Locatelli) si sono ritrovati per caso sullo stesso volo da Fiumicino.

Arrivano alla spicciolata. Prima i sottosegretari Alessandro Morelli e Claudio Durigon. Poi il titolare dell’istruzione Valditara, i capigruppo Romeo e Molinari. Salvini si fa attendere. Assente Giancarlo Giorgetti, in arrivo stamattina presto. Chi tra qualche sbuffo per la “convocazione” quasi obbligata e chi invece ben lieto di staccare dalla routine romana. «Peccato che piova!», si sente mormorare tra le truppe. Dove c’è pure chi ironizza — bonariamente, va da sé — sulla «ultima cena», caduta guarda caso proprio di giovedì… («Ma non dimenticate che dopo c’è stata la resurrezione!»).

Assente eccellente causa altro impegno (un confronto col comunista Marco Rizzo) è il generale Roberto Vannacci, stella nascente di via Bellerio. Che però a Bruxelles non ha mancato di salutare il segretario federale e confermargli la sua «totale solidarietà» per l’udienza di oggi.

Lo stesso messaggio che a Salvini è arrivato dal gotha dei sovranisti, riunito in un pre-vertice prima del Consiglio europeo. Incontro che da via Bellerio non esitano a definire «storico», perché è la prima volta che il gruppo della destra sovranista — il terzo all’Eurocamera e il «primo dell’opposizione», sottolineano — si dà appuntamento come fanno Popolari, Socialisti e centristi di Renew.

L’ASSIST SOVRANISTA

C’è Orban, il padrone di casa, e poi il belga Wilders, Marine Le Pen e Jordan Bardella, il presidente di Vox Santiago Abascal e l’ex premier ceco Andrej Babis. Alcuni di loro si erano già visti qualche settimana fa a Pontida, invitati proprio da Salvini. E così inevitabilmente il caso Open Arms è finito al centro dell’attenzione. «Meriti una medaglia per quello che hai fatto», è suonato l’elogio di Wilders. E dopo aver confermato il loro sostegno al «patriota Matteo», ecco l’annuncio: nonostante il no alla Commissione di Ursula von der Leyen, «voteremo per Fitto», fa sapere Orban: «È uomo eccellente e perfetto per questo lavoro in Europa».

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