La sinistra va a destra, la destra va a sinistra. Ed è quest’ultima che, nel sistema Puglia impastato di trasformismo e continuità, senza troppi scivoloni e con un occhio di riguardo da parte della magistratura (il che porta la destra forse ad esagerare: «Se noi avessimo fatto quello che hanno fatto loro, ci avrebbero arresti a tutti»), da vent’anni cioè dalla prima elezione di Vendola gestisce soldi e potere, nomine e sviluppo. E a proposito di Nichi, rieccolo: «Io sono sempre lo stesso, solo con qualche ruga in più». È capolista in tre circoscrizioni, lo ha supplicato il suo allievo ed ex assessore Fratoianni a candidarsi per far superare ad Avs lo sbarramento del 4%, e nonostante Vendola viva a Roma, e faccia qui soprattutto il papà, si sta sacrificando per il bene del partito in attesa che il partito lo candidi in Parlamento nel 2027.
I DUE
E comunque, la vittoria è scontata, secondo i sondaggi: Decaro, dem popolarissimo e stracarico di voti, straccia Lobuono, imprenditore gentiluomo e liberale, civico vicino a Fi che ha acconsentito a fare lo sparring partner. E allora: se l’esito elettorale è già certo, che cosa c’è di sexy nel voto pugliese? Per esempio che Decaro — di cui si diceva, ora non più, che sarebbe stato il vero leader del Pd alternativo a Schlein — sta vedendo arrivare più volte la segretaria e i big del partito per sostenerlo ma pare che non ami granché queste visite. Perché, appunto, la forza della sinistra pugliese — Michele Emiliano, governatore uscente, docet — è che sa pescare voti esterni grazie alle sue reti notabilari e a una forza d’attrazione dovuta anche ai lavori, ai denari, ai poteri che distribuisce, ed è preferibile non politicizzare troppo la contesa regionale. «Io un politico? Sono un amministratore», è il format a cui Decaro, prima come sindaco di Bari e ora come candidato successore di Emiliano, tiene profondamente. Emiliano? Ha la promessa che, in cambio del suo passo indietro, sarà senatore del Pd tra due anni ma non vive bene l’esclusione dalle liste voluta da Decaro (in privato ne parla come di un ingrato e di un parricida). E Schlein? L’altra sera ha partecipato con Decaro a un’iniziativa a Taranto, poi sarebbero dovuti essere insieme a Lecce ma l’ex sindaco ha dato forfeit (aveva un evento a Brindisi) e si narra che Elly ci sia rimasta male. Quello di Decaro è un format concretista — tipico del personaggio — e non nazarenico. Con l’obiettivo di surclassare i due ingombranti predecessori, Vendola ed Emiliano, toccando il record di voti del 61,7%. Lo sfidante Lobuono è dato al 37%, ma non si perde d’animo. Con l’aiuto di amici capaci e importanti, a cominciare dall’ex sottosegretario berlusconiano Guido Viceconte, gira in lungo e in largo la Puglia e sta adottando uno stile di campagna elettorale molto civile e privo di furori ideologici.
PARADOSSO GIORGIA
Il centrodestra intanto aspetta l’arrivo oggi a Bari dei quattro leader — Meloni, Tajani, Salvini e Lupi — ed è chiaro a tutti il paradosso: Meloni ha scelto la Puglia come suo buen retiro, come paradiso estivo ma anche come simbolo dell’eccellenza italiana (il G7 del giugno 2024 a Borgo Egnazia) ma politicamente FdI, che pure dopo il Pd è il partito più consistente, non è in grado di capovolgere l’egemonia della sinistra che da queste parti ha un know how nella gestione del potere e del sottopotere che forse ormai neanche in Emilia Romagna è riscontrabile con questa rocciosità e inamovibilità. In FdI ci sono i fittiani — ma Fitto è vicepresidente Ue e non partecipa alla campagna elettorale, che fanno i suoi — e quelli che hanno il sottosegretario Gemmato, grande amico di Giorgia, come punto di riferimento. In consiglio regionale, assicurano nel centrodestra ma anche nel centrosinistra, entreranno i fittiani.
Il dramma è sempre lo stesso: secondo Ipsos, voterà solo il 43 per cento dei pugliesi (record negativo nella storia regionale). E anche la morale non cambia: laggiù la sinistra ha imparato a non acchiappare le nuvole ma a praticare il realismo. Anche troppo, secondo gli avversari.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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