Professor Cassese, la legge Nordio come si inserisce nel percorso di riforma della giustizia di cui si sente il bisogno da tempo e non è stato solo Berlusconi a insistervi?
«La legge approvata dal Parlamento, che sarà verosimilmente sottoposta al referendum confermativo in base all’articolo 138 della Costituzione, è la conclusione di uno sviluppo avviato nel 1988, proseguito nel 1999 e nel 2020. Infatti, nel 1988, sulla base dei lavori di una commissione di studi presieduta dal professor Pisapia, uno dei maggiori studiosi di diritto penale italiani, Giuliano Vassalli, studioso di procedura penale e ministro della Giustizia, socialista, propose e fece approvare dal Parlamento una modificazione radicale della struttura del processo penale, che da inquisitorio divenne accusatorio. Questo vuol dire che da allora il processo penale vede tre protagonisti, l’accusa sostenuta dai pubblici ministeri, la difesa dall’avvocato dell’accusato e, in una posizione imparziale tra le due parti, il giudice. Si può leggere on line l’intervista che Vassalli dette a un giornalista inglese, in cui affermava che la separazione delle carriere era la necessaria conseguenza della distinzione delle funzioni».
E nel 1999 che cosa accade?
«In quell’anno fu modificato l’articolo 111 della Costituzione nel quale ora è scritto che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale”. Infine, nel 2022 la ministra della giustizia Marta Cartabia, ex presidente della Corte costituzionale, ha proposto al Parlamento, che l’ha approvato, un inizio della separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici, limitando i passaggi tra le due carriere. Questo cambiamento, avviato ormai quarant’anni fa, giunge a conclusione con il disegno di legge costituzionale approvato dal Parlamento con due successive deliberazioni ad intervallo non minore a tre mesi, a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione, come richiesto dalla Costituzione, per il riconoscimento che esistono due funzioni diverse radicalmente, che richiedono due specializzazioni interamente diverse, quella investigativa e quella giudicante. Dunque, quella che verosimilmente saremo chiamati ad approvare con il referendum confermativo è una decisione quasi obbligata, quasi un atto dovuto, maturata a lungo nella cultura giuridica italiana per assicurare ai cittadini la massima garanzia di imparzialità del giudice, nel rapporto trilaterale accusa- difesa- giudizio».
Chi si oppone alla riforma in nome della fedeltà alla Costituzione fa bene o male?
«La legge approvata dal Parlamento, che sarà verosimilmente sottoposta al referendum confermativo, rappresenta l’attuazione di un principio fissato dalla Costituzione e attribuisce al corpo dei pubblici ministeri, che verrebbe separato da quello dei magistrati giudicanti, le stesse garanzie che ha oggi l’intero corpo della magistratura. Quindi le norme sono conformi alla Costituzione».
Lo Spirito delle leggi di Montesquieu è danneggiato da questa legge?
«Se vengono individuate due funzioni diverse, quella di accusatori e quelle di giudici, occorre necessariamente attribuire queste funzioni diverse ad organi diversi, tra di loro separati, i magistrati dell’accusa e i magistrati che giudicano, così come le gambe servono per camminare e le braccia per scrivere o per mangiare e sarebbe illogico utilizzare per ambedue queste funzioni una sola parte del corpo umano. A funzione diversa deve corrispondere organo diverso».
Sembra che la bandiera del garantismo sia ormai nelle mani del centrodestra. E gli altri?
«Io penso il contrario perché il garantismo richiede che si dia attuazione alla Costituzione, per cui le parti sono in condizioni di parità davanti al giudice terzo e imparziale, mentre oggi non si può dire che chi si difende davanti a un giudice sia in condizione di parità nei confronti del procuratore, che fa parte dello stesso corpo a cui appartiene il magistrato giudicante. Il garantismo vuole che vi sia un rapporto a tre ed una chiara differenziazione dei ruoli e degli organici».
Che tipo di propaganda elettorale prevede per il referendum?
«Si preannuncia una campagna dai toni sbagliati perché politicizzata. La politicizzazione comporta una modificazione costituzionale. Mi spiego: nel nostro ordinamento c’è una democrazia rappresentativa, quella che si realizza quando si eleggono i parlamentari, e una democrazia deliberativa, che si realizza con il referendum. Se al referendum si dà un sovrappiù di significato, come un voto a favore o contro il governo, si dà al risultato un significato diverso, quello proprio della elezione, una legittimazione, tradendo la democrazia diretta. Se i partiti di maggioranza si schierano per l’approvazione, una vittoria referendaria sarà considerata un appoggio popolare all’attuale governo. All’opposto, uno schieramento dell’Associazione magistrati a favore del no, sarà inteso, in caso di una vittoria referendaria, come una delegittimazione popolare della intera magistratura».
Conseguenze?
«Innanzitutto, in questo modo la democrazia diretta finisce per diventare una nuova forma di democrazia rappresentativa. In secondo luogo, il referendum inteso come voto rivolto al governo tradisce la domanda che viene posta (“approvate voi il testo della legge costituzionale già approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale”?) perché quello che è sottoposto al referendum non è un atto del governo, ma un atto del Parlamento».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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