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Premierato, a che punto è la riforma? Il rischio dell’andamento lento al Senato e i tempi della presa in esame, cosa sapere


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La strada del premierato sembra in salita. Ieri in Senato sono riprese le audizioni e la ministra delle Riforme Elisabetta Casellati ha annunciato che sul tema sono stati sentiti alcuni governatori del centrodestra (Lombardia, Abruzzo, Lazio e Friuli Venezia Giulia), ma non ha dato tempi precisi. L’iter — tra un’audizione e l’altra — è però in rallentamento e la riforma, è probabile, rimarrà nel cassetto almeno fino al 2025. 

Nello specifico, la ministra azzurra Casellati, in videocollegamento con la commissione Affari Costituzionali, ha audito Roberta Angelilli, vice presidente della Regione Lazio e favorevole al premierato, Marco Marsilio, governatore dell’Abruzzo, anche lui convinto della stabilità che il nuovo assetto istituzionale sarebbe in grado di garantire, e l’assessore al Bilancio della Lombardia Marco Alparone, che ha fatto le veci del governatore Fontana. 

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Ma il premierato resta una riforma imponente e per questo divisiva. E alla vigilia della Legge di Bilancio, è il ragionamento, è impensabile inserire nel dibattito ulteriori motivi di scontro. Anche perché al testo manca tutta la parte della legge elettorale da unire al nuovo assetto istituzionale. E nonostante Casellati si sia detta pronta a scriverla, pure in tempi brevi, è consapevole che un sistema di voto elaborato in fretta e furia potrebbe rappresentare un nuovo elemento di tensione. Meglio ragionarci con più calma. Specie sul premio di maggioranza, ora previsto nel disegno costituzionale, in realtà stabilito nella legge elettorale che è ordinaria. Nuove possibili modifiche dunque, nuovi rallentamenti. Tutto rimandato, al momento. Ci si rivede nel 2025. 

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