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«Più fondi Ue sulla Sicurezza, ora alleanze per Leonardo»


«L’industria è pronta alle grandi alleanze europee, ma la politica deve fare prima la sua parte. Far salire almeno al 2% sul Pil le spese sulla difesa Ue e spingere sugli incentivi ad avere programmi comuni. Fondi da mettere fuori dal deficit per esempio. Solo così l’Europa può guadagnare competitività globale e autonomia». È il momento dello scatto per Lorenzo Mariani, Co-direttore generale di Leonardo da giugno del 2023.

Ingegnere, dalla strigliata di Mario Draghi e l’invito all’Ue a rimuovere le barriere che impediscono alle aziende della difesa di accedere ai finanziamenti Ue può arrivare la svolta? I numeri del Rapporto elaborato con TEHA Group sono impietosi: 390 miliardi, l’1,78% del Pil Ue, speso nel 2023 contro gli 866 miliardi di dollari degli Stati Uniti (3,2% del Pil).

«Considerato il numero di conflitti nel mondo, non parliamo più di difesa ma di sicurezza globale. Già questo dovrebbe spingere a un incremento degli investimenti oltre il 2% del Pil. È in gioco la sicurezza dei cittadini, ma anche l’impatto sulle economie. Ma va puntato il faro anche su come vengono impiegate le risorse. Il Rapporto lo evidenzia bene: non solo gli americani investono di più, lo fanno anche puntando su meno piattaforme, meno tipi di aerei, navi e carri. Noi europei, invece, spendiamo meno e ogni Paese fa il suo aereo, la sua nave e il suo carro. Con il doppio effetto di avere programmi con capacità imparagonabili e di viaggiare su livelli di costi e competitività ben diversa. Senza contare la supremazia di cui godono gli Usa. Cosa che nella vendita di armamenti e di sistemi di sicurezza ha il suo peso. Solo la domanda interna rende il mercato americano un mondo diverso, figuriamoci se l’Europa continua a muoversi in ordine sparso».

Quindi anche se si aumentasse la spesa Ue si rischia di alimentare l’economia Usa.

«L’esempio della Germania è emblematico. Ha messo a disposizione fondi straordinari per finanziare l’invio di armamenti in Ucraina, ma sono finiti a forniture americane».

Come si colloca Leonardo nella strategia delle alleanze?

«Il nostro piano prevede che accanto al consolidamento dei settori tradizionali, elicotteri, aerei ed elettronica, si sviluppino quelli emergenti, spazio e cybersicurezza. In questa cornice la collaborazione internazionale, già nel nostro Dna, resta cruciale. Dunque, la logica di mettere insieme con altri paesi le nostre forze è sul tavolo. Sono processi che richiedono tempo. Nel frattempo ci muoviamo su base Programma».

Si riferisce all’annuncio della joint venture con la tedesca Rheinmetall per nuovi carri armati dell’esercito italiano?

«Sono carri con una componente cyber e tecnologica molto elevata. Mettiamo in comune delle forze per creare una capacità di offerta comune. Di qui a dicembre consolideremo l’accordo con la costituzione della joint venture e, auspicabilmente, con un contratto di fornitura per cominciare con l’esercito italiano. Oggi il problema non è nella spinta dell’industria, ma nella volontà e nella convenienza di mettere insieme i requisiti da parte dei diversi Stati. È lì che ci vuole una spinta».

L’esito delle elezioni tedesche avrà effetti sul settore o sull’asse tedesco come temono le Borse?

«I mercati speculano, appunto. L’alleanza con Rheinmetall ha l’obiettivo di creare un rafforzamento comune che porti prima di tutto prodotti di eccellenza al servizio delle esigenze italiane. Poi puntiamo all’export. Quanto ai timori sui tagli di Berlino, se anche la Germania dovesse allentare il sostegno all’Ucraina — cosa che non credo — l’alleanza rafforzerà il segmento nei prossimi anni».

Il piano e il riassetto organizzativo procedono al passo dell’obiettivo di 21 miliardi di fatturato?

«Siamo in lena con le aspettative. Leggermente in vantaggio su qualche fronte. La riorganizzazione funziona avendo rafforzato sia la parte industriale sia l’innovazione e la strategia posizionandoci sempre più come azienda high tech».

 Fare carri è il vostro futuro, ma come lo spiega ai giovani?

«Leonardo è oggi un baluardo di tecnologia. Contiamo su questo per reclutare oltre 4mila giovani Stem all’anno».

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