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Pil Usa in crescita del 3%, ma la Fed non taglia i tassi


Sarebbe dovuto essere un rientro rilassato quello di Donald Trump, dopo il lungo fine settimana in Scozia dove ha trovato un accordo con l’Europa sui dazi. E invece ancora una volta la decisione della Federal Reserve di mantenere i tassi sul costo del denaro fermi nell’intervallo compreso tra il 4,25 e il 4,5% ha rovinato al presidente americano una giornata che era iniziata in modo positivo: il Pil americano del secondo trimestre dell’anno è cresciuto del 3%, dopo che nel primo trimestre aveva perso lo 0,5%.

LE PREVISIONI
Gli economisti sottolineano che il rialzo è dovuto a una accelerazione delle importazioni (per il timore dei dazi) e una deposito delle esportazioni.

Tuttavia, i dati positivi insieme a un mercato del lavoro forte e per ora un’inflazione contenuta, non sono riusciti a convincere la Banca Centrale a abbassare il costo del denaro: nonostante il Federal Open Market Committee (Fomc), il braccio della Fed che si occupa delle politiche monetarie, continui a essere diviso, i timori per le incertezze provocate dalle scelte di Trump nelle politiche commerciali hanno prevalso e spinto i membri ancora una volta a un approccio cauto. Ieri 9 membri del Fomc hanno votato a favore del mantenimento dei tassi fermi, mentre due membri, Michelle Bowman e Christopher Waller, hanno chiesto un rialzo: entrambi da tempo vogliono un ribasso, sottolineando che l’inflazione sarebbe sotto controllo. Ora si guarda alla prossima riunione, il 16 e 17 settembre, quando la Fed potrebbe fare il primo taglio del 2025.

Nella conferenza stampa che ha seguito la decisione della Fed, Powell ha spiegato che la scelta è stata fatta per continuare con la massima cautela e che «per settembre non è stata fatta alcuna scelta», smentendo quando annunciato poco prima dal presidente americano. Parlando con i giornalisti alla Casa Bianca, Trump ha detto che Powell «non sta facendo un buon lavoro» e che «sembra che voglia abbassare i tassi a settembre, anche se non ne capisco il motivo». L’ultimo taglio è avvenuto lo scorso dicembre e per il 2025 si attendono due ribassi, di un quarto di punto ciascuno, che dovrebbero arrivare questo autunno.

LA QUERELLE
Intanto lo scontro tra Donald Trump e il presidente della Fed, Jerome Powell, si fa sempre più diretto. Ieri per l’ennesima volta Trump ha chiesto alla Fed di agire: in un post su Truth Social il presidente americano definendo Powell «Troppo tardi» («Too Late»), gli ha chiesto di «abbassare i tassi. Niente inflazione! Lasciate che le persone comprino e rifinanzino le loro case!».

In passato Trump ha più volte annunciato di voler licenziare Powell, nonostante tecnicamente sia quasi impossibile farlo e allo stesso tempo l’attuale presidente della Fed sia stato nominato proprio da lui nel febbraio del 2018. In tutto questo ieri Wall Street ha condotto una seduta di attesa, con Dow Jones, S&P 500 e Nasdaq che hanno viaggiato sulla linea della parità. Dopo la decisione della Fed e la smentita di un possibile ribasso a settembre gli indici sono tornati a scendere.


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