Italia, parte la caccia ai tesori nascosti. Sono 34 le risorse naturali rare di cui il sistema produttivo nazionale ha bisogno ma, al momento, l’estrazione è efficace solo per due elementi. Vale a dire circa il 6 per cento. Davvero troppo poco per risolvere una delle criticità del Paese: l’eccessiva dipendenza dai sistemi industriali stranieri.
È per questa ragione che il governo ha messo sul piatto un decreto (imperniato su 18 articoli) per rilanciare le miniere italiane e portare avanti la transizione energetica e digitale senza dipendere troppo da Paesi come la Cina o il Congo. «La tecnologia green dipende dalle materie prime critiche e l’indipendenza, la libertà e lo sviluppo dell’Europa si basano sulla nostra capacità di estrarre, lavorare e produrre quelle materie prime critiche. Mi auguro che gli ambientalisti ci supportino in questa grande battaglia», afferma il ministro del Made in Italy Adolfo Urso.
GLI OBIETTIVI EUROPEI
Il decreto legge materie prime critiche è stato convertito in legge con la votazione in Senato a luglio. Il provvedimento introduce procedure semplificate per gli iter autorizzativi dei progetti strategici al fine di centrare gli obiettivi europei del Critical Raw Materials Act. La strategia al 2030 è piuttosto ambiziosa: per le 34 materie prime individuate come critiche dall’Ue lo scorso anno, va raggiunta: l’estrazione di almeno il 10% del consumo annuo dell’Unione, la raffinazione di almeno il 40%, il riciclo di almeno il 25% e l’import da un singolo Paese di non oltre il 65%. Una scheda del ministero delle Imprese e del made in Italy spiega che il decreto interviene sia sul lato della domanda – con lo studio del fabbisogno nazionale e il monitoraggio delle catene di approvvigionamento, di cui si occuperà un nuovo Comitato tecnico permanente – sia sul lato dell’offerta. Su questo fronte, al centro c’è il Programma nazionale di esplorazione, realizzato dall’Ispra a partire dall’aggiornamento della carta mineraria nazionale. Va completato entro il 24 maggio 2025 e aggiornato ogni cinque anni. «Il tema delle materie prime critiche è strategico per il Paese. Ispra ha creduto nella necessità di approfondirlo anche prima che diventasse così attuale e questo ci ha consentito di non partire da zero, ma di fare tesoro delle conoscenze acquisite – dichiara il presidente Ispra Stefano Laporta – Il nuovo Regolamento Ue delinea in modo chiaro la strategia europea di approvvigionamento delle materie prime critiche: ridurre la dipendenza da altri Paesi e coniugare economia circolare e sostenibilità ambientale e sociale delle tecniche estrattive».
I DATI
Secondo i dati dell’Istituto, in Italia ci sono numerosi giacimenti di materie prime critiche come litio, rame o manganese, anche se al momento se ne estraggono solo due: feldspato e fluorite. I progetti riconosciuti come strategici dalla Commissione europea avranno accesso a punti di contatto dedicati nei ministeri e ad autorizzazioni rapide. Il ministero dell’Ambiente è competente per le autorizzazioni all’estrazione (in 18 mesi al massimo) e al riciclo (entro 10 mesi). Il ministero delle Imprese per quelle alla trasformazione (entro 10 mesi). Per incentivare i progetti nazionali e assicurare l’approvvigionamento da Paesi terzi interviene anche il Fondo nazionale made in Italy, che parte da un miliardo di euro e sarà alimentato anche da un nuovo sistema di royalty. Il modello è quello per gli idrocarburi, con royalty tra il 5 e il 7% del valore del prodotto da ripartire tra lo Stato, che le reinvestirà nel Fondo, e le Regioni, che potranno destinarle a misure compensative per i territori. «Ispra ha lavorato a fianco del Ministero dello sviluppo economico per il decreto sulle materia prime critiche, fondamentali per la transizione energetica e green – dice Maria Siclari, direttore generale Ispra – Ad esempio il rapporto Ue ci ricorda che già al 2030 la domanda di cobalto sarà 18 volte maggiore di adesso e quella di litio 5 volte maggiore. Cobalto e litio sono essenziali per la realizzazione delle batterie per i veicoli elettrici e lo stoccaggio di energia».
Di potenziali cantieri il Paese è pieno. Ci sono numerosi giacimenti di altre materie prime critiche per le transizioni verde e digitale, e potrebbero essere sfruttati per ridurre la dipendenza dall’estero: litio, rame, manganese, tungsteno, cobalto, magnesite, titanio, bauxite, stronzio, barite, grafite. Altre materie prime critiche potrebbero arrivare dal riciclo degli scarti delle vecchie miniere: 150 milioni di metri cubi di materiali, che oggi sono spesso rifiuti inquinanti. È questo il quadro delle «materie rare» italiane contenuto nel database Gemma dell’Ispra. La Banca dati rappresenta il punto di partenza per l’elaborazione del programma minerario nazionale, imposto dalla Ue quest’anno con il Critical Raw Materials Act. Sono 76 le miniere ancora attive in Italia, e di queste 22 sono di materiali che rientrano nell’elenco delle 34 Materie Prime Critiche dell’Ue. In 20 di queste, si estrae feldspato, minerale essenziale per l’industria ceramica e in 2 la fluorite (nei comuni di Bracciano e Silius), che ha un largo uso nell’industria dell’acciaio, dell’alluminio, del vetro, dell’elettronica e della refrigerazione.
LE RISORSE
Secondo Ispra, i permessi di ricerca in corso, i dati sulle miniere attive in passato e quelli sulle ricerche pregresse e recenti, documentano la potenziale presenza di varie materie prime critiche e strategiche. Depositi di rame sono già noti nelle colline metallifere, nell’Appennino ligure-emiliano, nelle Alpi occidentali, Trentino, Carnia e in Sardegna. In diversi siti è stato estratto manganese, soprattutto in Liguria e Toscana. Il tungsteno è documentato soprattutto in Calabria, nel cosentino e nel reggino, nella Sardegna orientale e settentrionale e nelle Alpi centro-orientali. Il cobalto è documentato in Sardegna e Piemonte, la magnesite in Toscana e i sali magnesiaci nelle Prealpi venete. Nel Savonese c’è un giacimento di titanio nel Parco del Beigua, il cui sfruttamento è stato impedito per ragioni ambientali. La bauxite, principale minerale per l’estrazione di alluminio, è localizzata in quantitativi modesti in Appennino centrale, ma più consistenti in Puglia e soprattutto nella Nurra (Sassari), nella miniera di Olmedo. La bauxite contiene possibili quantitativi sfruttabili di terre rare, come pure i depositi di fluorite.
Possibili depositi di celestina, principale minerale dello stronzio, sono documentati nelle solfare siciliane, soprattutto del nisseno. La presenza di litio è nota nelle pegmatiti dell’Isola d’Elba, del Giglio e di Vipiteno, ma è la recente scoperta di importanti quantitativi di litio nei fluidi geotermici tosco-laziali-campani a rivestire un’ottima opportunità di estrazione a basso impatto ambientale. Sette permessi di ricerca sono stati rilasciati dalla Regione Lazio.
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