PARIGI Finiti i tempi in cui Donald Trump sedeva con Melania in tribuna d’onore alla Concorde, accanto a Emmanuel e Brigitte Macron, per la parata militare del 14 luglio, twittando: «È la più bella sfilata militare che abbia mai visto. Faremo la stessa cosa per il nostro 4 luglio». Era il 2017: sette anni dopo, rien ne va plus tra Macron e Trump. Oggi sugli Champs-Élysées gli invitati d’onore sono i militari indonesiani, e la sfilata esalterà soprattutto i giovani soldati francesi e i partner europei. Da mesi ormai, la comunicazione dietro le quinte delle istituzioni francesi martella un messaggio chiaro: Trump è un pericolo, non si può negoziare con lui.
L’AFFONDO
Una posizione oltranzista che si riflette «in chiaro» anche nelle dichiarazioni pubbliche del presidente francese. Lancia in resta, Macron usa contro i dazi americani gli stessi toni che riserva al pericolo putiniano. Armiamoci. E partiamo. «Mai, dal 1945, la nostra libertà era stata minacciata fino a questo punto. Come allora, la pace dipende dalle nostre decisioni. Ci rituffiamo in quegli anni in cui si costruisce la pace», ha detto ieri Macron nel tradizionale discorso alle Forze armate. Un momento, ha precisato, che ci costringe a «difenderci da soli». «Dobbiamo essere chiari: noi europei dobbiamo ormai garantirci da soli la nostra sicurezza, la libertà del nostro modello politico e democratico, difendendolo dalle forze oscurantiste, la libertà della nazione, di fronte a tutti questi rischi che pesano sulla nostra libertà», ha dichiarato il presidente, annunciando un aumento del budget della difesa di 3 miliardi nel 2026 e 3,5 miliardi nel 2027, per arrivare a 64 miliardi: il doppio rispetto al 2017. Per Macron, il fronte non è solo a Est, contro l’espansionismo russo: «Non ci sono più retrovie e non ci sono più fronti. I conflitti sono multiformi», ha aggiunto, elencando: «L’irruzione dell’intelligenza artificiale, l’emergere dei droni, il ritorno della guerra elettronica, nuovi spazi di confronto che sono lo spazio, il cyberspazio o i fondali marini, ma anche la svolta quantistica». E ha concluso: «In fondo, diciamolo semplicemente: per essere liberi in questo mondo, bisogna incutere timore. Per incutere timore, bisogna essere potenti».
L’ISOLAMENTO
Ma sulla guerra commerciale, l’Europa – che pure da quando Trump ha, con una nuova piroetta, minacciato il ritorno del muro doganale dal primo agosto cerca di mostrare i muscoli – non sembra pronta a serrare subito i ranghi dietro l’Eliseo. Da Bruxelles si preferisce aspettare. La linea di Ursula von der Leyen è «non rispondere per il momento». Oggi si riuniscono nella capitale belga i ministri del Commercio dei Ventisette. Ieri, il ministro delle Finanze tedesco Lars Klingbeil ha parlato della necessità di «negoziati seri e orientati a soluzioni» con gli Stati Uniti, in un’intervista alla Süddeutsche Zeitung. Ieri ad alzare l’allerta in Francia ci ha pensato l’Associazione nazionale dell’agroalimentare (Ania): l’introduzione di dazi doganali del 30% per i prodotti europei in ingresso negli Stati Uniti avrebbe «conseguenze economiche disastrose per le imprese agroalimentari francesi», si legge in un comunicato in cui si chiede ai dirigenti francesi ed europei di «proteggere l’insieme dell’agroalimentare, prima industria di Francia e d’Europa, e la sua agricoltura nei negoziati in corso con gli Stati Uniti e nel quadro di possibili contromisure europee». Per rassicurare gli animi, la responsabile della diplomazia UE, Kaja Kallas, ha dichiarato ieri in un’intervista al francese La Tribune Dimanche che l’Unione europea ha «gli strumenti» per difendersi dai dazi americani, puntando in particolare ai «servizi» che gli Stati Uniti esportano verso l’Europa. «L’Ue ha sempre cercato una soluzione negoziata. Ma, se necessario, ha anche gli strumenti per difendere i propri interessi», ha affermato Kallas. «Nel settore dei servizi, l’Europa è in posizione di forza». Apparentemente, però, nessuna linea dura è ancora emersa in seno all’Unione: «Resta da vedere se siamo pronti a fare qualcosa. Dovremmo, del resto, disporre di una sorta di articolo 5 economico», ha aggiunto, in riferimento all’articolo del Trattato Nato che impone ai membri dell’alleanza di intervenire in difesa di uno Stato attaccato. «Ricordiamolo – ha concluso Kallas – la guerra commerciale è una guerra senza vincitori».
Francesca Pierantozzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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