Tutti insieme, uniti appassionatamente. Sono quasi troppi questi leader e liderini, modello accozzaglia, per entrare in una foto sola. Ma eccola l’immagine che il centrosinistra vuole dare di sé e mantenere fino alle elezioni politiche del 2027, passando attraverso quattro referendum (autonomia, premierato, giustizia, jobs act) non tutti giocabili però a ranghi compatti viste le divisioni interne alla nuova unione: è l’immagine di Schlein come regista e prima attrice e intorno da sinistra a destra Fratoianni e Bonelli, Landini in cravatta rossa stile labour ormai sempre più leader politico in cerca di protagonismo, Conte che parrebbe arreso al ruolo dello junior partner, Magi, i renziani (Maria Elena Boschi addirittura accanto a Rosi Bindi che detesta Matteo) e tutto l’associazionismo cristiano-sociale e progressista. Reggerà questo amalgama multicolore e multisapore, messo insieme ieri per la lanciare il referendum anti legge Calderoli? «Manca solo il cardinale Zuppi!», esclamano alcuni presenti sapendo che le truppe della Cei partecipano appassionatamente alla lotta contro l’autonomia. E insomma davanti al palazzo della Cassazione, per il deposito dei quesiti, viene scattata la foto di questa che vuole essere un’invincibile armata e che dovrà, occhio però che manca Calenda, resistere per tre anni alla naturale tendenza sinistrese a odiarsi.
I MODELLI
L’ammucchiata ricorda il Fronte popolare francese, ma Schlein si affretta subito a dire che così non è: «Non si tratta di erigere insieme un muro contro la destra, o come in Francia di una convergenza dettata dalla contingenza e circoscritta al secondo turno. Il lavoro di tessitura dell’alternativa va fatto sui “per” molto prima che sui “contro”. Pensiamo ad una riforma della Rai, adesso». Parla da federatrice Elly. E ci tiene a sottolineare che nel nuovo progetto di alternativa alla destra, imperniato sul Pd, c’è anche il centro. O meglio, c’è Matteo Renzi: «Sarebbe più che funzionale la presenza di un centro nel nostro schieramento. Ma deve essere un centro, non tanti centri», dice Elly. E incalza: «Ho parlato sia con Calenda sia con Renzi ma per ora la vedo ancora difficile riunirli. In realtà Renzi ha un afflato unitario, lui ha capito. Calenda purtroppo no, è meno politico».
La novità è rilevante: mano tesa all’ex segretario del Pd. Il quale ha fatto i complimenti a Schlein per l’apertura verso l’ala meno radicale del centrosinistra: «Le elezioni inglesi dimostrano che se non c’è il centro non si vince, anche Schlein ha capito che senza riformisti la sinistra perde».
E Calenda? C’è il gelo con Elly. «Cara Schlein — dice lui — non è un problema di essere o non essere politici ma di che cosa serve o non serve al Paese. E un’accozzaglia populista e filo-putiniana con una spruzzata di centrino opportunista non serve a nulla. Buona strada». Chiusura totale. Almeno per ora.
Chi si sente soddisfatto per la svolta della segretaria (la promessa di non scimmiottare il radicalismo della sinistra francese e apertura al centro, sia pure solo quello renziano al momento) sono i riformisti del Pd, ossia la minoranza del partito. Osserva Lorenzo Guerini: «Va costruita una coalizione di governo, non solo contro. Con un comun denominatore sulla politica internazionale». Si riferisce all’Ucraina in particolare. Ed è un bel problema. Perché se il Pd finora si è mostrato favorevole al supporto militare a Kiev, questo non vale per i suoi alleati. Da tempo M5s e Avs chiedono lo stop all’invio di armi all’Ucraina. Su questo terreno, trovare una convergenza sarà complicato.
EUFORIA
Ma adesso il clima è di euforia, favorito dal successo del Labour che galvanizza tutti. «Parliamo inglese e non francese», dice Dario Nardella, «e Starmer ci indica la via». E Elly: «La nostra sarà un’estate militante». Ai dirigenti, nella Direzione del partito, la segretaria ha chiesto: «Mi raccomando, andate in tutte le feste del Pd, anche nelle più piccole e periferiche. Il ferro va battuto quando è caldo». Un’espressione gergale, ma è proprio il pop la musica politica che la segretaria ha scelto di cantare.
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