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L’automobile è destinata a diventare qualcosa a metà tra uno smartphone e un robot a quattro ruote.

Comunque la si veda, il cuore di questa rivoluzione già in atto sono i microprocessori, ovvero circuiti integrati che in pochi centimetri quadrati concentrano decine di miliardi di microscopici transistor per potenze di calcolo pari a centinaia di migliaia di miliardi di operazioni al secondo. Ed ecco che dopo i cavalli dei motori e i chilowattora (kWh) delle batterie, i TFLOP (Tera FLoating point Operations Per Second) diventano il nuovo simbolo di potenza. Che il vero sconvolgimento dell’automobile sia nel software e nel silicio piuttosto che nel litio e nelle terre rare ormai è un dato acquisito e il nome che più di tutti cavalca questa onda tecnologica e industriale è NVIDIA, società nata nel 1993 a Santa Clara, nella Silicon Valley, e diventata una delle protagoniste assolute del panorama economico mondiale. Un nome che, per noi italiani, suona come uno dei sette vizi capitali. E non è un caso di omonimia translinguistica: uno dei suoi fondatori, l’americano di origine taiwanesi, Jen-Hsun “Jensen” Huang, lo scelse prendendolo dall’analoga parola latina “invidia”, un sentimento personificato nella mitologia greca dalle figure di Nemesis (la vendetta) e Zelos (zelo, dedizione e gelosia). Non è un caso neppure che il suo logo, che rappresenta un occhio, sia di colore verde, come il sentimento e – perché no? – come l’omonima verdura da insalata. Ma come ha fatto un’azienda nata con 40.000 dollari e specializzata in schede grafiche per personal computer a diventare leader mondiale dei chip “AI by design” ovvero concepiti e progettati per l’Intelligenza Artificiale? E qual è il motivo per cui sono così importanti per il mondo per l’automobile? Le due domande si rispondono vicendevolmente: perché l’automobile ha fame di potenza di calcolo per Intelligenza Artificiale e perché deve “vedere” sempre più cose. E chi meglio di un’azienda specializzata in sistemi per migliorare la visione poteva farlo?

INTERPRETAZIONI DELLE IMMAGINI

A pensarci bene, NVIDIA non ha fatto altro che rovesciare come un calzino le proprie competenze trasformando tecnologie concepite originariamente per la resa delle immagini in tecnologie per l’interpretazione e la ricostruzione delle immagini attraverso i dati che sulle automobili arrivano da telecamere, sensori ultrasonici, radar e Lidar. Tali immagini, elaborate attraverso potenti microprocessori e software intelligenti, sono la strumento essenziale per la cosiddetta guida assistita e autonoma. NVIDIA lo ha capito prima di tutti ed evidentemente lo fa meglio di tutti. Lo dimostrano i costruttori che hanno bussato a Santa Clara (BMW, BYD, Ford, Geely, Great Wall Motors, Hyundai, JLR, Mercedes, NIO, Stellantis…), il fatto che NVIDIA controlli l’80% di questo segmento che è già il più importante per i processori “AI by design” dopo i dispositivi di comunicazione (vd. smartphone) e i data center. Per il momento, sui 61 miliardi di dollari di fatturato messi a segno dall’occhio verde californiano nel 2023, solo 1,1 miliardi vengono assorbiti dall’industria automotive, ma la previsione è che questo segmento di mercato svilupperà 300 miliardi di dollari e che già nel 2030, combinata con la parte dell’infotaiment e dello Human Machine Interface (HMI), arrivi a 100 miliardi. Cifre mostruose, eppure piccole se si pensa che NVIDIA vale in Borsa circa 3mila miliardi di dollari che ne fa la seconda azienda per capitalizzazione al mondo dopo Apple.

L’asso tecnologico di NVIDIA si chiama Jetson Orin, una GPU capace di compiere fino a 275 TFLOP e che, con l’opportuno corredo di sensori e software, permette di arrivare fino alla guida assistita di livello 4 ove il 5 è quello di un veicolo del tutto privo di volante. Lo montano già automobili come le Lotus Eletre ed Emeya e la Volvo EX90 e sviluppa una potenza 8 volte superiore al suo predecessore Xavier. Ma è già pronto il suo successore. Si chiama Thor, lo vedremo su un’automobile già dal prossimo anno, è 4 volte più potente dell’Orin e consuma 7 volte in meno.

TECNOLOGIA ENERGIVORA

Quest’ultimo elemento è fondamentale sia per l’efficienza dei veicoli sia per l’industria stessa che, impegnata nel raggiungimento dell’azzeramento dell’impronta di carbonio, si ritrova in casa una tecnologia indispensabile per progettare, produrre, sviluppare e rifornire di dati i propri veicoli, ma altamente energivora: una ricerca della Carnegie Mellon University afferma che i data center per l’Intelligenza Artificiale, con le attività di addestramento e del cloud computing, hanno consumato nel 2023 poco meno di 30 TWh, quanto un Paese come l’Irlanda, e che nel 2027 si potrebbe arrivare fino a 134 TWh, un terzo di quanto consumato dall’Italia lo scorso anno, l’1-1,3% del consumo che crea l’1% delle emissioni di CO2. Nel frattempo, in questo ricco, ricchissimo mercato si stanno attrezzando anche altri giganti come AMD, Intel, Qualcomm e Samsung che, oltre alla parte della guida autonoma, possono fornire all’automobile soluzioni convincenti per l’HMI attraverso la quale passano quei servizi digitali e dell’esperienza di utilizzo per il cliente che, secondo Accenture, nel 2040 costituiranno il 40% dei profitti del settore automotive. E poi ci sono i cinesi che stanno sviluppando i loro prodotti e vorrebbero mettere le mani sulle migliori macchine di stampaggio per microchip e sulla più grande fabbrica di microchip del mondo, ovvero Taiwan. I microchip, prima di essere un’arma industriale, sono infatti un’arma strategica e non è un caso che gli USA abbiano imposto embarghi e sanzioni verso la Cina proprio sui semiconduttori. Il futuro dell’automotive è nella convergenza hardware e software dei due mondi: guida assistita e dinamica del veicolo con l’HMI. I nuovi microprocessori potranno fare entrambe le cose diventando sempre più piccoli e potenti: siamo già sotto la soglia dei 5 nanometri – scala che indica la densità dei microtransistor, dunque più il numero è piccolo e più potente è il chip – e si parla di 4, 3 e addirittura di 2 nanometri. Forse per vedere questi ultimi due sulle automobili ci vorrà del tempo, ma la guerra per chi ci arriverà prima si sta già combattendo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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