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«Non metteremo i pm sotto il controllo politico»


«Segretaria, permette una parola?». Il colloquio che non ti aspetti va in scena intorno all’ora di pranzo, all’ingresso di Montecitorio. Da una parte Elly Schlein, la segretaria del Pd, che ha appena finito di sparare a zero contro la riforma della Giustizia: «La politica vuole scegliersi i propri giudici», affonda la leader dem in mattinata, dal palco de Il Domani delle donne al Tempio di Adriano. Dall’altra l’uomo che di quella riforma è il principale estensore, il ministro Carlo Nordio. Che a Schlein aveva mandato un messaggio dalle colonne del Corriere: «Mi stupisce che una persona intelligente come lei non capisca che questa riforma gioverebbe anche a loro, quando andassero al governo». Un appello a cui ieri è seguita la replica a muso duro della timoniera dem: «Non voglio che mi serva a controllare la magistratura. Quando sarò al governo voglio dover rispettare le leggi e la Costituzione».

E sarà forse anche per via di questo botta e risposta a distanza che trovandosela di fronte nei corridoi della Camera, Nordio non si è lasciato sfuggire l’occasione. «Segretaria, una parola?». Schlein, scortata dalla capogruppo Chiara Braga e dal portavoce Flavio Alivernini, si ferma. Il colloquio, al quale Il Messaggero assiste, è breve. E il messaggio che il ministro di Fratelli d’Italia consegna alla leader dell’opposizione è questo: «Nessuno vuol mettere i pm sotto il controllo dell’esecutivo». Nessun rischio di «pieni poteri» come denunciano dalle opposizioni, assicura Nordio. Che sfrutta la circostanza per ribadire in privato la richiesta di un confronto «civile», «nel merito» sul referendum. Poi ricorda la sua visita al Mont-Valérien, il sacrario di Parigi, il 22 novembre di tre anni fa. «La prima Resistenza armata e organizzata» al Nazifascismo in Europa «è stata quella francese», racconta Nordio a Schlein. Col piglio un po’ del nonno, un po’ del professore che impartisce una lezione a un’alunna un filo ribelle. «E la prima cosa che ho fatto quando sono andato», nella prima missione all’estero da ministro, «è stata rendere omaggio ai martiri della Resistenza francese». Come dire: figurarsi se mi si può accusare di avere nostalgia per la dittatura. Un episodio che il ministro aveva ricordato proprio ieri in un intervento sul Foglio, in cui tirava pure una stoccata al centrosinistra: «Ho il sospetto che di tutti i parlamentari dell’opposizione che durante il dibattito sulla separazione delle carriere hanno impropriamente invocato la Resistenza, pochi conoscano l’esistenza del Mont-Valérien».

SIPARIETTO

Schlein ascolta, perlopiù in silenzio. Annuisce, il volto un po’ tirato e le mani che giocano coi bottoni della giacca. «Spero che almeno su questo potremo essere d’accordo», conclude Nordio. E lei, di rimando: «Lo dica anche ai suoi colleghi». Tradotto: se il guardasigilli non ha intenzione di esercitare alcun controllo politico sui pm, non è detto che altri nell’esecutivo non coltivino questo disegno, per la segretaria del Pd. Che chiude il siparietto con una stretta di mano e si avvia verso l’ascensore, per salire negli uffici dei dem. E chissà, se la chiacchierata si fosse protratta più a lungo, se a Nordio non avrebbe fatto piacere parlare con Schlein di Agostino Viviani, partigiano, giurista, parlamentare del Psi e nonno materno della segretaria del Pd, che nel 1989 si espresse a favore della separazione tra giudici e pm. Quel che è certo è che i dem agli appelli del ministro al «confronto civile» non danno troppo credito. «Nordio che chiede di non politicizzare il dibattito dopo tutti gli attacchi che ha lanciato è come uno che ti corca di botte e dopo ti dice non alziamo le mani», ironizza Walter Verini. E proprio il ministro sarà al centro della campagna social del Pd per il No al referendum, in particolare con quella “pillola” video di qualche mese fa in cui l’ex magistrato afferma che la riforma non servirà a sveltire i tempi della giustizia.

L’INCONTRO

Intanto oggi anche le opposizioni consegneranno in Cassazione le firme raccolte alla Camera per chiedere il referendum. Più di cento, comprese quelle di Conte e Schlein. Che però non avrebbe intenzione, per il momento, di intestarsi una battaglia a testa bassa contro la riforma Nordio. «Non lasceremo a Meloni cinque mesi per parlare solo di Garlasco e malagiustizia», avvisa la segretaria. Quindi in parallelo «continueremo con la nostra agenda: sanità, stipendi, bollette». Perché se il referendum viene percepito da gran parte degli elettori come una questione “tecnica”, ecco la strategia: inchiodare il governo sugli argomenti più concreti. A cominciare dalla finanziaria. È in questo quadro che si inserisce l’incontro da più di tre ore di Schlein con il capo di Confindustria Emanuele Orsini: raccogliere le istanze delle imprese, consolidare un canale di dialogo «che già esiste» – assicurano – e far proprie alcune delle istanze degli imprenditori con emendamenti e proposte comuni a tutto il centrosinistra. Per la battaglia sul referendum c’è tempo. E al netto delle rassicurazioni private di Nordio, sarà senza esclusione di colpi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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